di Camillo Maffia
(da Voci su Libertà di Religione e Credo)
Mettiamola giù nuda e cruda: cosa c'è di più stupido della strumentalizzazione della religiosità negli anni del terrorismo internazionale? Apparentemente, niente. Eppure sta diventando una specie di moda che contagia l'intero pianeta. Con Agenzia Radicale ci eravamo occupati della vicenda UNESCO: la risoluzione sulla “Palestina occupata” che negando di fatto le radici ebraiche e cristiane del Monte del Tempio di Gerusalemme metteva in discussione la sacralità del luogo per due su tre delle grandi religioni monoteiste.
La preoccupazione che avevamo espresso allora non riguardava direttamente la questione israelo-palestinese, ma il fatto che si utilizzasse un tema delicato com'è quello della convivenza tra fedi diverse nella condivisione di un solo territorio considerato sacro dai fedeli per strumentalizzarlo ad uso e consumo di quei governi che intendono mettere in discussione, in una sede tutt'altro che appropriata, il ruolo d'Israele nel controverso dramma dei territori occupati.
Ora l'UNESCO ha gettato la maschera e, senza più nominare i luoghi sacri per non incorrere nel problema delle denominazioni (erano stati utilizzati unicamente i nomi islamici, negando di fatto l'appartenenza ebraica e cristiana dei siti) emana una risoluzione che interviene direttamente sulla sovranità d'Israele su Gerusalemme. E come ha fatto notare il ministro Alfano, “l'UNESCO non può diventare la sede di uno scontro ideologico”: l'Italia infatti, dopo l'astensione iniziale, ha votato decisamente contro; ma al di là di queste (a nostro avviso condivisibili) valutazioni, resta il gravissimo precedente, nella delicatezza del momento storico che stiamo vivendo, dell'utilizzo per scopi chiaramente ideologici dell'identità religiosa fino a negare le più basilari radici culturali, storiche e antropologiche di aree come appunto il Monte del Tempio, che i cristiani ricordano per il velo che si squarciò in seguito alla crocifissione di Gesù ben prima che esistessero le moschee.
Soffiare sul fuoco, quindi, di una situazione già potenzialmente esplosiva sul piano della convivenza sarebbe di per sé gravemente irresponsabile, ma la strumentalizzazione della religiosità aggiunge un elemento incomprensibile nel momento storico che stiamo attraversando. Eppure l'idea che ledere i diritti religiosi dei popoli sia un modo per affrontare i conflitti o perfino per combattere il terrorismo stesso non si è diffusa solo presso l'UNESCO.
La Russia infatti, peraltro tra i Paesi favorevoli alla risoluzione, ha appena bandito i Testimoni di Geova con una legge che si appresta a ridurre le libertà fondamentali di tutte le altre minoranze religiose sul territorio, sbandierando lo scopo di ostacolare gli estremismi – un po' com'è successo, in piccolo, qui in Italia con le leggi regionali “anti-moschee”, che negando agli islamici i diritti di culto sanciti dalla Costituzione hanno poi di fatto condotto anche alla chiusura delle chiese evangeliche.
Sembra perciò che si stia diffondendo l'idea di ledere la libertà di religione e credo sempre di più per scopi ideologici, ammantati dalla retorica, sia essa la difesa dei diritti dei palestinesi o la lotta al terrorismo; obiettivi che certamente non possono essere raggiunti negando altri diritti fondamentali, ma che nobilitano agli occhi dell'opinione pubblica mosse che sottendono ben altre logiche, dagli interessi dei Paesi promotori della risoluzione anti-Israele presso l'UNESCO all'evidente movente di controllo sociale unito al predominio della Chiesa ortodossa sul territorio russo. Quando si riduce la libertà il fine è sempre lo stesso: ridurre la libertà. Lo si può ricoprire d'oro, ma quella veste rimarrà una foglia di fico, un esile velo che mal cela intenti ideologico-totalitaristici.
Un segnale contrario arriva invece dal Consiglio d'Europa, dov'è stata approvata una risoluzione per i diritti dei bambini appartenenti a movimenti religiosi minoritari, spesso discriminati, stigmatizzati o perfino strappati ai loro genitori con la scusa che il credo impartito dalla famiglia non coincide con i consueti criteri di omologazione cui l'opinione pubblica si è ormai assuefatta e che non hanno niente né di laico né di religioso.
Un punto, quello della tutela delle minoranze, che l'on. Ghiletchi, promotore del testo e redattore del rapporto, ha mantenuto fermo, senza omettere di definire in modo chiaro e attento, in una recente intervista, quali sono i confini della laicità: tutelare il diritto dei genitori a crescere i minori secondo le proprie tradizioni non significa avallare pratiche come l'infibulazione genitale. Insomma, libertà di religione e dalla religione, anche perché (ha proseguito nella stessa intervista Ghiletchi) ci si ritrova sempre a esser minoritari rispetto a qualcun altro nell'epoca del pluralismo crescente: qui sono in maggioranza i cattolici, lì gli evangelici, in un altro luogo ancora i musulmani.
E non si può creare una linea arbitraria all'interno della società che separi le minoranze desiderabili da quelle indesiderabili su base ideologica: occorre semmai, come stabilito dall'organismo sovranazionale, vigilare sulla crescita anzitutto delle nuove generazioni, contro ogni forma d'intolleranza e fanatismo sia all'interno dei gruppi che nei loro riguardi.
Un passo in avanti rispetto a qualche anno fa, quando lo stesso Ghiletchi si oppose strenuamente – con un intervento memorabile – ad un'altra risoluzione, quella per i diritti dei minori appartenenti alle “sette”, il famigerato Rapporto Salles che non passò per un soffio anche grazie alla nostra mobilitazione: ci occupammo, con Agenzia Radicale, anche di quello, sottolineando come lo stesso Salles non fosse in grado di dare una definizione di “setta”.
Allora si ammantava col nobile intento della protezione dei più piccoli lo scopo ideologico di far approvare leggi speciali nei confronti di determinati movimenti religiosi, secondo l'agenda della FECRIS, il controverso gruppo antisette che si è ormai fatto conoscere in tutto il mondo per l'estremismo delle sue posizioni e per le gravi contraddizioni che lo caratterizzano e che hanno suscitato preoccupazione nelle più alte sedi istituzionali, a partire dall'OSCE: oggi, il Consiglio d'Europa cambia direzione e fa un passo verso la laicità, la libertà e i diritti umani fondamentali.
Speriamo che anche l'UNESCO e i Paesi come la Russia si rendano conto del fatto che strumentalizzare la religione a scopi politici, come c'insegna in modo inequivocabile la storia, può portare solo a nuove forme d'orrore – come se non bastassero quelle a cui già stiamo assistendo – e a nuove manifestazioni della paura, sia essa dovuta al fanatismo dei gruppi o all'intolleranza dei regimi che li ospitano.