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23/11/24 ore

Marijuana legale in California



di Paolo Mastrolilli

(da lastampa.it)

 

Dal primo gennaio la vendita della marijuana ricreativa diventa legale in California. Uno potrebbe commentare: e allora? Non era così già dai tempi della Summer of Love? La risposta è no, e le conseguenze promettono di essere rivoluzionarie, come sempre accade quando la Golden Coast anticipa o rilancia le tendenze.

 

Oltre alla California, negli Usa la marijuana a scopi ricreativi è legale nel District of Columbia e in sette Stati, cioè Colorado, Oregon, Nevada, Alaska, Washington, Maine e Massachusetts. Gli ultimi due, però, non hanno ancora un mercato per venderla.

 

A livello federale, invece, «l’erba» resta vietata ovunque. Ciò crea un terreno di scontro politico e legale tra l’amministrazione Trump e i singoli Stati, soprattutto ora che scende in campo il più ricco di tutti, già leader della «resistenza» su vari fronti, dall’immigrazione ai cambiamenti climatici. Il governo finora non ha preso iniziative contro i legalizzatori, ma il ministro della Giustizia Sessions ha chiarito la sua opposizione: «Gli Stati possono approvare quello che vogliono, ma io non credo all’uso medico della marijuana, e continuo a non vedere l’utilità di poterla comprare in ogni negozio di alimentari all’angolo della strada».

 

I repubblicani sono contrari per principio, ma lo scontro non è solo morale. Il dibattito è acceso anche sugli effetti per la salute, nonostante non ci siano studi definitivi sul ruolo dell’erba come porta verso le droghe più pesanti, come l’eroina, che sta facendo strage soprattutto tra i bianchi della classe media e bassa americana che hanno votato Trump in massa.

 

Lo scontro tra liberal e conservatori su questo punto è profondo e annoso. George Soros, grande finanziatore dei democratici, è da sempre un sostenitore della legalizzazione come strumento per togliere il mercato ai trafficanti. Se ciò non bastasse a rendere sospettosi i repubblicani, c’è da aggiungere che i miliardari della liberal Silicon Valley si sono schierati a favore della Proposition 64, ossia il referendum che ha dato via libera all’erba ricreativa. Sean Parker, cofondatore di Napster ed ex presidente di Facebook, ha donato oltre un milione di dollari per far passare il provvedimento, mentre a San Francisco sono già apparsi i cartelloni pubblicitari che dicono «Hello marijuana, goodbye anxiety». Sembra l’ultimo capitolo del libro sulla guerra culturale tra conservatori e liberal.

 

I problemi riguardano anche l’economia...

 

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