11/10/24 ore

‘Tu si na cosa grande’ per chi? Una ricetta che schernisce la cittadinanza napoletana


  • Giovanni Lauricella

Pensate che Napoli è una bella città? Se è così si può aggiungere qualcosa per rovinarla, tanto piace sempre lo stesso, non c'è problema…

 

Così, memori della Venere degli stracci, assunta alle cronache grazie a un clochard, no a un critico d'arte, adesso abbiamo una bella scultura che sembra un … che adorna la più bella città del sud Europa. Badate bene si è costretti a mettere dei puntini per decenza.

 

Parlo di quella scultura, una volta si diceva fallocratica, termine ormai considerato divisivo che sta nell'importante piazza Municipio nel centro storico napoletano "Tu si 'na cosa grande" di Gaetano Pesce, artista riconosciutissimo negli ambiti dell'arte italiana. Basta guardarla, la foto rende l'idea, e ti trovi l'ennesimo affronto alla più bella città che abbiamo affacciata sul Mediterraneo. Scusate, ma quando si supera il limite non c'è bisogno di fare commenti.

 

Perlappunto prendo testualmente da Artribune proprio per non sembrare di parte.

 

“Nell’ottica dell’artista, la scultura dai monumentali 12 metri d’altezza, a cui l’artista spezino stava lavorando da due anni, con la curatela di Silvana Annicchiarico, nell’ambito del progetto Napoli Contemporanea, rappresenta un chiaro omaggio alla città partenopea. L’opera, in realtà composta da due sculture monumentali, luminose, in dialogo tra loro, esprime tutto l’amore di Gaetano Pesce per la città. Il riferimento è esplicito. Da una parte una rappresentazione stilizzata di Pulcinella simbolo di Napoli, con l’iconico vestito e l’inconfondibile cappello; dall’altra il cuore rosso, “innamorato”, ovvero colpito dalla freccia di cupido…”.

 

Fa ricordare molto la porchetta fatta a statua, opera pubblica eletta a simboleggiare Roma al tempo dell'amministrazione Raggi, una scultura che va bene in una galleria per una mostra ironica ma non da imporre al pubblico di passanti in una qualsiasi città.

 

Insomma, non si è capito niente di quello che è successo con la Venere degli stracci nemmeno qualche anno fa.

 

Purtroppo a una stampa eterodiretta che ha addirittura il clou nelle riviste specializzate (!!) esiste anche una classe di “regnanti” e di esperti o professori che siano, anch'essi della stessa specie al punto che sono indistinguibili per servilismo e opacità.

 

Basti vedere un testo scritto da un esimio professore e quello di un giornalista e non noti la differenza, anzi se il testo è di un giornalista fresco di laurea dove ha riversato gli studi fatti per la tesi, ti accorgerai che supera di gran lunga i testi critici fatti da tanti professori per i quali percepiscono parcelle di non poco conto.

 

Non si riesce a considerare il dramma che l'arte contemporanea non può uscire dai musei preposti o dalle gallerie dedicate. Appare chiaro che il fiasco raggiunto da tanta cultura e scolarizzazione di massa non permette marce indietro, ma la verità, come dice l'antico proverbio cinese, ha le gambe lunghe e raggiunge e svergogna i misfatti creati.

 

Una voce autorevole (chi? Bella domanda) dovrebbe dire una volta per tutte che dobbiamo uscire dal tunnel dell'arte cialtrona nella quale ci troviamo. Per decenni, specie dal dopoguerra in poi, è stata prodotta tanta mondezza della quale nemmeno più ci ricordiamo qualcosa, tanto era inutile e stupida e in quantità tale che nemmeno gli archivi dedicati sono esaustivi per elencarla.

 

In una piazza si può mettere solo qualcosa di dignitoso perché il cittadino, si deve elevare di spirito, non pretendere che lo spettatore deve furbescamente capire il raggiro che sta dietro l'opera d'arte chiaro solo al critico di turno preposto a incensare, basta, non se ne può più.

 


 

I furbetti che hanno l'amico nell'università che gli scrive un testo e l'altro che sta nell'amministrazione cittadina non possono fare l'arte pubblica, l'astuto triangolo non è la ricetta che qualifica la cultura, è un'offesa alla collettività se usata maldestramente, collettività che non va umiliata e nemmeno derubata dei soldi per opere stupide per poi farla lamentare sui soldi insufficienti alla sanità e alla scuola.

 

Quella piazza è orgoglio dei napoletani, quel coso va rimosso: abbiate almeno la  prontezza di farlo, abbiate la compiacenza di non imporci di essere trasformati in clochard ribelli per sfuggire all’oltraggio.

 

Voglio solo ricordare agli amministratori di ogni parte d'Italia, professori critici e compagnia bella, che l'opera pubblica è un simbolo della democrazia non della cricca di comando che ostenta successo. Se non si accetta la statua di Berlusconi perché secondo chi perde alle elezioni non piace allora non eleggiamo a opera d'arte cose immonde che non piacciono a nessuno nemmeno a chi li vota alle elezioni, vincitore e no che sia.

 

Inutile è prendersela con i maranza e avere il “Vaffa…” messo davanti la borsa di Milano da Cattelan, è una brutta espressione e tale deve essere valutata e non imposta al pubblico, è un offesa per tutti, è un pessimo esempio di tanti sfregi che hanno deturpato un Paese famoso per l'arte, meta di visitatori da tutto il mondo. 

 

Non si possono investire soldi pubblici per costernare la gente con malizie di alcun genere. Lo vuoi fare dentro un museo, tra l'altro sempre con i soldi del cittadino, passi pure, diventa un'opportunità in più per non perdere tempo in un museo, infatti non è un mistero che sono sempre vuoti

 

Lo stesso non lo puoi fare per strada, non puoi permettere di sbattere in faccia cose indesiderate solo perché sei un autorità cittadina. È una manifestazione d'arroganza degna dei regimi totalitari che ti mettono la statua del despota perché a lui devi obbedire. La rivoluzione francese ha abbattuto le statue dei sovrani, la caduta del comunismo ha tolto le statue di Marx, Lenin e Stalin dalle strade in tutto l'est europeo e in Russia compresa perché sono odiate, perché si sentivano offesi e oltraggiati da tali personaggi. Le strade, le piazze sono bene pubblico non di chi vuole cooptare o raggirare in maniera subdola.

 

Non si capisce l'ostinazione di autorità cittadine che si spendono, con soldi non propri, per offendere la collettività, non si può concludere tutto con la solita polemica e poi finire tutto a tarallucci e vino. Cafonal è una rubrica di Dagospia non la pianificazione culturale desiderata da alcuni balordi al potere

 

Sono pessimi esempi che pregiudicano le elezioni ridotte ormai da tempo a tornate di sudditi a sostegno dei burattini/ai di turno. Non si possono fare appelli alla democrazia, all'antifascismo, all'etica e poi fare le mascalzonate in nome di un altezzosa cultura con la spocchia di abbellire la città.

 

 


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