23 novembre 1980/23 novembre 2020: a quarant’anni dal tragico terremoto in Irpinia e in Basilicata, che provocò la morte di quasi 4mila persone, televisioni e giornali hanno ricordato questo che è stato la più drammatica catastrofe italiana dal dopoguerra.
Le immagini di interi paesi distrutti, i volti smarriti e sconvolti dei sopravvissuti, la tenera commovente figura del presidente della Repubblica di allora Sandro Pertini, le sue parole di reale sofferenza, hanno rappresentato in quel ricordo la parte più sincera e coinvolgente di quei terribili momenti.
Meno esaltanti sono state le ricostruzioni che giornali e televisioni hanno fatto di quella drammatica vicenda. Ma soprattutto il racconto si è mosso con la stessa logora modalità, fatta di retorica e descrizioni che poco riflettono lo stato delle cose di allora.
La conversazione che segue tra Geppi Rippa, direttore di Quaderni Radicali e Agenzia Radicale con Antonio Marulo, nella rubrica Maledetta Politica, tenta di richiamare l’attenzione su alcune verità nascoste allora (quaranta anni fa!) e nascoste ancora oggi.
Negli atti di un convegno che Quaderni Radicali realizzò il 4 e 5 aprile 1981 (Quale Protezione Civile), pubblicati dalla rivista, si riportano per esempio i fatti che il direttore di QR si trovò a riscontrare, con altri deputati, quando giunse alla Prefettura di Napoli dopo la tragedia: la mancanza degli strumenti minimi su cui dar luogo, allora, a un’ipotesi di organizzazione. La allora legge del 1970 mancava, stupefacentemente, di un regolamento di esecuzione. Legge (inadeguata in ogni caso), che prevedeva strutture stabili di interventi predeterminati, che fossero in grado di scattare immediatamente per dar luogo a quel servizio di soccorso in caso di disastri, in quel caso del terremoto.
Oggi, meritoriamente il capo dello Stato Sergio Mattarella dice che il frutto positivo di quel dramma fu che poi si realizzò finalmente la Protezione Civile. Il sistema informativo, per citare un esempio, ha dimenticato di ricordare che per l’iscrizione nell'agenda parlamentare della Protezione Civile vi fu chi si batté strenuamente perché questo avvenisse. E, a riprova di quanto fosse difficile quella azione, si può ricordare come dopo sei mesi dal disastro, i partiti dell’allora, maggioranza e della opposizione, tenessero poco a cuore quella scelta, tant’è che poco prima avevano votato quella che era la legge finanziaria (legge di previsione di progetto economico) e poi la legge di bilancio consuntivo, senza che la Protezione Civile fosse presente nei loro progetti.
Fu solo la caparbietà e la determinazione del direttore di Quaderni Radicali, allora deputato, e poi del gruppo parlamentare radicale, che spinse nella direzione di dotarsi di quella che oggi è una importante struttura di intervento e di aiuto in caso disastri: la Protezione Civile.
Che nessuno abbia ricordato quell’impegno e quella scelta strategica e di visione, mentre tutti gli altri partiti si occupavano di come dividersi i primi 50mila miliardi delle vecchie lire (che poi negli anni triplicheranno), fa capire perché il ricordo può essere definito parziale. Risponde al modello di eliminazione di coloro che hanno vissuto la politica come capacità di visione, sottratta alla miserabile azione di mera gestione del potere che poi ha prodotto lo scenario antipolitico che viviamo.
Questo è terribile e spiega tante cose, se si pensa che proprio il tempo che viviamo, la stagione della pandemia, rende chiaro che senza una capacità di visione e prospettiva politica, difficilmente si uscirà dalla crisi devastante che stiamo vivendo…
- Maledetta Politica. 23 Novembre 1980: il solito parziale ricordo, a 40 anni dal terremoto
(Agenzia Radicale Video)