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21/11/24 ore

Roma, l’assessore Danese: mettiamo i Rom a raccogliere l’immondizia!



di Camillo Maffia e Gianni Carbotti

 

Non si può non ritenere stupefacente l’ultima, straordinaria proposta del Comune di Roma circa le politiche capitoline sulla minoranza Rom. L’assessore alle politiche sociali Francesca Danese, infatti, sta suscitando scandalo e polemiche trasversali per via della seguente dichiarazione: "sto facendo un lavoro che riguarda le abilità dei Rom: loro sono molto bravi a recuperare nei quartieri i rifiuti e i materiali in disuso … sarebbe importante, e questa cosa era già passata in commissione politiche sociali, riuscire a dare la possibilità di fare un lavoro per la comunità e la città di Roma, raccogliendo i rifiuti e selezionandoli".

 

Ecco il caso in cui si realizza il paradosso in cui il paternalismo sia negli esiti ultimi infinitamente più dannoso addirittura del razzismo, se ciò fosse possibile! I Rom, poverini, dovranno pur essere bravi in qualcosa: ma in che cosa? L’assessore ci pensa, e poi s’illumina: a frugare nei cassonetti. Diamo quindi loro una possibilità, e facciamogli raccogliere la nostra immondizia. Quando Carmelo Bene diceva: "Il sociale ci sta franando addosso. Smettiamola con le ipocrisie, la fratellanza, la solidarietà", non immaginava forse fino a che punto questa mostruosa slavina avrebbe potuto ingrandirsi e travolgere le nostre esistenze.

 

Poco importa il contributo culturale fondamentale che la minoranza Rom ha dato alla civiltà europea, dall’immaginario alla musica, dalla letteratura al cinema e al teatro; importano ancor meno i percorsi d’inclusione con i relativi fondi europei che il Comune sarebbe obbligato ad applicare, in virtù della ratifica da parte dell’Unione Europea della Strategia Nazionale d’Inclusione a marzo 2012; meglio lasciarsi andare sulle ali della fantasia, e partorire proposte figlie del sonno della ragione.

 

Se lo scandalo in merito alle dichiarazioni della Danese è ampio e bipartisan, nessuno nota però che il nuovo assessore, subentrato nel suo ruolo a Rita Cutini pochi mesi or sono, agisce e progetta in totale continuità con quella che è stata la politica sui Rom della Giunta Marino fin dai primi giorni. Ovvero, una sequela di contraddittori annunci la cui distanza dalla realtà aumenta di pari passo con l’esasperazione della situazione nella città di Roma.

 

Ricapitoliamo i principali passi della "politica dell’accoglienza" dell’attuale amministrazione. Nella sua campagna elettorale, altamente patrocinata dalla Cooperativa 29 Giugno di Salvatore Buzzi, Marino annuncia di voler cambiare passo rispetto alle politiche di Alemanno; dopo meno di tre mesi dalla sua elezione, il primo sgombero con trasferimento forzato delle famiglie Rom fuggite da Castel Romano.

 

Nonostante le polemiche, i documenti, le iniziative e gli appelli affinché i Rom possano essere portati in qualunque altro posto, che non sia il luogo da cui sono fuggiti, l’amministrazione è irremovibile. Una posizione che oggi ci sembra molto più chiara grazie all’inchiesta di Pignatone: sappiamo infatti che ogni residente di Castel Romano portava ai principali indagati della "Operazione Mondo di Mezzo" circa seicento euro al mese. Duecento persone in meno, fuggite dal lager dopo segnalazioni, denunce e proteste, erano una perdita non da poco per la Cooperativa 29 Giugno, che aveva i suoi maggiori interessi proprio a Castel Romano – la stessa cooperativa a cui il sindaco Marino dichiarò di voler versare il suo primo stipendio da sindaco.

 

Per questa ragione, la teoria della "città che accoglie tutti" si applica nella pratica con oltre cinquanta sgomberi, eseguiti in modalità analoghe, ovvero infrangendo le leggi nazionali e internazionali che tutelano i diritti umani fondamentali. Differenza importante con il sindaco Alemanno, il quale in virtù della "emergenza nomadi" proclamata dal governo Berlusconi agì "in deroga" alle leggi vigenti per gran parte del suo mandato, e non "infrangendole" come l’attuale amministrazione.

 

E nonostante i sodali di Marino tentino, perlomeno per qualche mese, di raccontare alla stampa fra fotografie e sorrisi come la "questione Rom" sia entrata in Campidoglio con la promessa dell’applicazione della Strategia Nazionale d’Inclusione, di fatto la "questione Rom" ne esce con il primo progetto annunciato dall’assessore Rita Cutini, che dichiara di voler "superare i mega-campi immaginando campi di medie dimensioni". La componente immaginativa e immaginifica subentra dunque nelle politiche della giunta di centrosinistra prima ancora dello scadere del primo anno di sindacatura.

 

E mentre la Cutini immagina, altri agiscono: l’amministrazione programma infatti, nel 2013, di spendere due milioni di Euro per "ristrutturare" il campo della Cesarina, gestito da quel Cesare Galli arrestato nel 2002 come gestore del "lager degli immigrati", che diventerà la Cesarina meno di un anno dopo, grazie a Walter Veltroni che inaugura il nuovo "villaggio della solidarietà" nell’area ancora sotto sequestro.

 

I Rom residenti alla Cesarina vengono deportati dalla Giunta Marino nel "Best House Rom" di via Visso, lo stesso che ora l’assessore promette di chiudere per via delle condizioni disumane in cui vivono le famiglie, rinchiuse dentro stanze senza finestre; e dove prima sorgeva il campo Rom, adesso c’è una discarica abusiva. Ma la Giunta continua a immaginare, e l’immaginazione, si sa, non può essere soffocata nelle tenaglie della coerenza. Non a caso, nel giro di pochi mesi, il sindaco annuncia dapprima uno spietato "metodo del rigore" nei confronti della minoranza Rom, poi cambia il nome dell’ufficio nomadi in ufficio Rom, Sinti e Camminanti, che suona più politicamente corretto.

 

Seguono, nel 2014, nuovi sgomberi illegali, la cui regia è affidata (come sempre, fin dai tempi di Veltroni) al vicecomandante della polizia municipale Antonio Di Maggio, il quale raggiunge la cifra record di ben due denunce penali in meno di due anni, maturate durante l’esecuzione delle politiche d’accoglienza della Giunta Marino. La scorsa estate, una nuova proposta: per sfuggire alla procedura d’infrazione annunciata dall’UE, la costruzione di un nuovo campo nomadi finanziato da una multinazionale al costo di gestione di 500.000 euro l’anno per dieci anni, la cui gestione è appaltata alla cooperativa fondata e presieduta dal padre della presidente della commissione politiche sociali.

 

Il progetto viene affossato, e dà il la a un’altra proposta ancora: le case ai Rom. Così, senza ulteriori dettagli. L’annuncio assomiglia a un’infausta boutade televisiva, finché non emerge il progetto reale: un "ufficio di scopo" indipendente dall’assessorato e gestito solo da un delegato che risponderebbe direttamente al sindaco, affinché possa occuparsi senza troppi referenti tra i piedi della "cosa Rom" nella Capitale con un commissariamento di fatto. Marino, che nel giro di un anno ha speso circa 24 milioni di euro per la manutenzione e gestione dei campi nomadi, propone infatti di mantenere la stessa spesa per destinarla a progetti d’inclusione abitativa e sociale superando la sistemazione dei Rom in campi.

 

Ma ancora una volta, mentre propone, ecco a dicembre scorso che qualcuno agisce: sì, perché il Comune stanzia ben 600.000 Euro per la riqualificazione dei campi nomadi. A quanto pare, i Rom stanno bene dove stanno. E arriviamo così all’ultima proposta, quella dell’assessore Danese: utilizzare i Rom per la raccolta differenziata.

 

Tutto questo mentre la normativa vorrebbe che l’amministrazione, anziché proporre con una mano e spendere milioni dei contribuenti con l’altra, convocasse un Tavolo per l’applicazione della "Strategia Nazionale d’Inclusione",con tutte le parti in causa, e creare in quella sede percorsi compatibili con questo documento per poter accedere all’ampia mole di finanziamenti messi a disposizione dall’Unione Europea. Viene però il sospetto, ai più maliziosi, che a molti non piaccia affatto l’idea di usufruire dei fondi dell’Europa, con tutti quei controlli, la trasparenza, etc. Certo sarebbe difficile spendere 24 milioni di euro l’anno di cui non si vede il benché minimo esito in termini di vivibilità, né un singolo euro che sia andato alle famiglie Rom cui erano destinati.

 

Un pensiero che viene in mente quando si considera che la Regione Lazio avrebbe dovuto aprire il Tavolo Regionale col medesimo scopo da quasi due anni. Era stato annunciato nell’aprile scorso, ma non sembra esservene traccia. Per questa ragione il Partito Radicale ha sollecitato l’apertura del Tavolo Regionale per l’attuazione della Strategia Nazionale d’Inclusione per Rom, Sinti e Camminanti in una lettera al Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.

 

La lettera è stata immediatamente ripresa dal vice-presidente della Commissione Ambiente e Politiche Abitative della Regione Lazio, il consigliere di Forza Italia Adriano Palozzi, il quale ha presentato una interrogazione a risposta scritta. "Che fine ha fatto il tanto decantato tavolo regionale per l’inclusione e l’integrazione sociale delle popolazioni Rom, Sinti e Camminanti?", chiede Palozzi. "Considerato che il Campidoglio prosegue nel suo immobilismo amministrativo e i campi rom continuano a essere devastati da roghi tossici e degrado diffuso - tanto da mettere a repentaglio la sicurezza della periferie capitoline e di migliaia di famiglie romane -, ci saremmo aspettati dalla Regione un sussulto d’orgoglio. E invece nulla, il silenzio più assoluto. Eppure, in risposta ad una mia interrogazione del luglio scorso, l’assessorato alle Politiche sociali, bocciando le politiche emergenziali nella questione nomadi, aveva espresso la volontà di convocare i suddetti tavoli tematici, al fine di avviare la programmazione degli interventi in accordo con gli enti territoriali coinvolti".

 

"Che ne è stata di quella promessa? Quali azioni la Giunta regionale intende mettere in campo per risolvere un’emergenza sociale, che riguarda non solo la città di Roma ma anche il territorio regionale? Quali saranno, e quando, i prossimi passi istituzionali della Regione Lazio con gli interlocutori competenti e gli enti facente parte del Tavolo regionale di inclusione RSC? Così come sollecitato dai Radicali in una lettera inviata al presidente Zingaretti, servono risposte concrete e immediate. Considerato pure che oggi il quadro di sostegno finanziario previsto dalla Strategia include la possibilità di accedere ai finanziamenti messi a disposizione dalla Ue. Eppure il Comune di Roma per affrontare la "questione rom" e per la gestione degli insediamenti, continua a spendere fior fiori di quattrini pubblici. Una vera e propria contraddizione politica".

 

Politica, sì, ma non solo. Perché ora che è emerso chiaramente il volume dei profitti illeciti che ruotavano intorno ai campi nomadi con l’inchiesta "Mafia Capitale", l’immobilismo di Comune e Regione appare sotto una nuova e più livida luce.

 

 


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