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19/12/24 ore

I Rom e la Giunta Marino: Battaglia finale!



Un terreno tossico. Mega-appalti. Dinastie familiari, racket, minacce al presidente di una ONLUS per i diritti umani e una montagna di spazzatura ricolma di rifiuti tossici in cui sguazzano bambini che si ammalano di leucemia. C’è quanto basta per scatenare non tanto l’intervento dell’Europa (basta con questo ottimismo dilagante), ma almeno il voyeurismo più perverso nel Gioco di Troni che si sta consumando al Campidoglio negli ultimi mesi.

 

La vicenda del nuovo campo nomadi a Ciampino è divenuta un gioco sulla pelle dei Rom, dei Sinti e perché no dei Romani. Proviamo a ricostruire la questione, che potremmo definire incensurata, del rapporto presentato ieri dall’Associazione 21 Luglio "Terminal Barbuta".

 

La storia comincia negli anni Novanta. Un gruppo di Sinti italiani e una piccola comunità Rom vengono trasferiti a Ciampino, in località La Barbuta, dalla zona più centrale di Togliatti/Cinecittà. I Sinti, artigiani, vendevano fiori e praticavano ancora in molti i mestieri tradizionali, secondo varie fonti erano in larga parte ben inseriti nel tessuto sociale, ma tutto questo interessa poco alla giunta Rutelli, che decreta il trasferimento a Ciampino.

 

Il terreno è insalubre, la presenza di una falda acquifera rende impossibile allestire un’adeguata rete di fognature, l’area è inquinata e si situa a poca distanza dall’aeroporto. Gli aerei sfrecciano bassissimi sulle teste dei Sinti che, stanchi di respirare cherosene, decidono di fare ricorso. Prova evidente del fatto che hanno difficoltà d’integrazione: un italiano sa bene che presentare un ricorso è meno utile che giocare la schedina, considerato che il ricorso costa di più e vincerlo non porta a nulla, mentre la schedina costa un euro e c’è una probabilità su svariati miliardi d’incassare una fortuna.

 

Anziché alla Lottomatica, quindi, i Sinti si rivolgono all’Opera Nomadi. Il presidente Massimo Converso gli riferirà che i ricorsi sono stati vinti, e che su quel terreno non ci potrebbero stare neanche pascoli e allevamenti. Peccato che, stando a quanto dichiara da anni Gildo Tanoni, pastore evangelico della comunità Sinti, Converso non gli farà mai vedere le sentenze, nonostante le continue richieste, per motivi che saranno presto chiari una volta valutata la mole d’interessi che si agita su quel terreno.

 

 

L’insalubrità dell’area sarà comunque accertata da nuovi rilevamenti, ma l’ex sindaco Alemanno al suon d’un "me ne frego" deciderà ugualmente di costruire proprio lì il capolavoro del suo "piano nomadi": il "villaggio della solidarietà" La Barbuta, l’unico realizzato interamente dalla scorsa amministrazione. Considerato il fiore all’occhiello del progetto, che sarà poi dichiarato illegittimo dal Consiglio di Stato, il mega-campo monoetnico viene realizzato al costo di circa 10 milioni di euro. La gestione viene affidata prevalentemente a tre soggetti: la cooperativa sociale Ermes/Capodarco, la Croce Rossa e la cooperativa di vigilanza Risorse per Roma, cui si aggiungerà una piccola presenza di ARCI Solidarietà che si occupava della scolarizzazione dei bambini a Tor de’ Cenci prima dello scandaloso sgombero.

 

In virtù di questo ed altri sgomberi, il campo si sovraffolla fino all’inverosimile, per cui oltre all’invivibilità dovuta ai fattori sopra descritti si sommano tutte le difficoltà dovute al sovrannumero, creando una situazione ingestibile che finisce prevedibilmente in mano a un racket interno. Tra gli esponenti del racket troviamo come sempre alcuni degli illustri "portavoce" che si rapportano con l’amministrazione, e soggetti che erano già noti dagli anni Novanta alle comunità Rom per via di vessazioni, pizzi e simili. Le denunce contro il racket piovono regolarmente nel vuoto.

 

La giunta Marino eredita quindi una situazione invivibile, fra le proteste dei residenti di Ciampino, quelle dei Rom residenti nel campo e il dramma dei Sinti, i quali si sono rifiutati di entrare nel mega-insediamento, vivono nell’area limitrofa e sono divenuti quindi "campo abusivo" secondo la classificazione del Comune. Un insperato colpo di fortuna giunge però ai primi di quest’anno: alla multinazionale Leroy Merlin interessa il terreno e si offre di costruire dei graziosi prefabbricati per ospitare i Rom in cambio dell’utilizzo dell’area. Non trattandosi di un insediamento abusivo, la proposta è logica: essendo una struttura comunale, non può essere sgomberata, e se gli abitanti abusivi possono al limite essere sfrattati, chi ha il contratto non può essere trasferito senza consenso, pertanto l’azienda offre una soluzione abitativa migliore.

 

Eppure la presidente della commissione politiche sociali di Roma Capitale, Erica Battaglia, inspiegabilmente a gennaio di quest’anno si oppone. La sua teoria è che per l’assegnazione di alloggi bisogna rispettare le graduatorie delle case popolari. Un’affermazione decisamente illogica: se io abito in una palazzina e ho un contratto con un ente che decide di buttarla giù e cedere il terreno a un’azienda, o mi viene offerta un’alternativa valida (come in questo caso i prefabbricati) o resto dove sono, e le case popolari non c’entrano proprio nulla.

 

 

Tutto tace per un po’ di tempo, fino a quando la cooperativa Capodarco annuncia sul suo sito Internet la presentazione di un progetto per la gestione di un nuovo campo, che dovrebbe sorgere come seconda incarnazione del mega-insediamento de La Barbuta. Tutto sembrerebbe bizzarro e incomprensibile, se non fosse per un piccolo dettaglio: Erica Battaglia è la figlia di Augusto Battaglia, fondatore, animatore e consigliere della cooperativa Capodarco. Quantomeno strano!

 

Detto, fatto: in primavera la commissione approva un progetto che vede la cessione dell’appalto a un’A.t.i. composta da Leroy Merlin, la cooperativa Capodarco e la ditta Stradaioli. Al diavolo i prefabbricati: meglio aprire un nuovo mega-campo, in barba alla Strategia nazionale d’Inclusione di Rom, Sinti e Camminanti e a tutti gli impegni presi dall’Italia, dagli accordi-quadro strutturali alle convenzioni internazionali!

 

Nel frattempo, la situazione a La Barbuta si surriscalda: ARCI Solidarietà, Croce Rossa e Associazione 21 Luglio da un lato, e i Sinti dall’altro, denunciano formalmente come il campo sia finito in mano a un vero e proprio racket, e che l’amministrazione sa tutto ma non interviene. L’assessore Rita Cutini si rende conto della gravità della cosa, ci pensa su e decide di vietare l’ingresso ai giornalisti. Le vessazioni si moltiplicano e assistiamo a una escalation di violenza senza confronto.

 

Uno alla volta, ai soggetti presenti nel campo viene fatto capire dal racket che non sono desiderati, eccetto Capodarco, naturalmente. Il presidio della Croce Rossa viene incendiato; le denunce di Paolo Perrini di ARCI cadono nel vuoto; Risorse per Roma se ne va in seguito allo scadere dei contratti di vigilanza, che la giunta non ha rinnovato, e il presidio viene comunque incendiato. L’articolo di Giuseppe Cucinotta sul Corriere del 19 maggio descrive una situazione d’impotenza vissuta sia dalle famiglie presenti nel campo che dalle associazioni, mentre noi abbiamo cercato d’inquadrare la questione dei Sinti in un articolo precedente.

 

Il 15 luglio Carlo Stasolla dell’Associazione 21 Luglio scrive all’A.t.i., chiedendo ai soggetti di riflettere sul fatto che la realizzazione del nuovo insediamento "appare fortemente lesiva dei diritti umani". L’A.t.i. riflette e tre giorni dopo Stasolla subisce minacce direttamente dal racket nella persona di Sartana Halilovic, che lo ammonisce con le modalità che abbiamo approfondito qui affermando testualmente: "Se parli ancora della Barbuta ti mando in coma" davanti a tutto il municipio, che non interviene.

 

Caso vuole che Stasolla venga minacciato, come Cesare accoltellato davanti alla statua di Pompeo, proprio in quell’ex Municipio X dove Erica è stata per 7 anni consigliera, candidata in terza posizione dal PD che aveva già voluto suo padre assessore alla sanità nella giunta Marrazzo.

 

Prima ancora della presentazione del rapporto di Stasolla, è il consigliere regionale Palozzi (Forza Italia) a porre 8 domande all’assessore Cutini sulla situazione e il progetto del nuovo campo, che riassumono le vicende già descritte. Abbiamo intervistato il consigliere Palozzi per approfondire la sua opinione e capire di più sul progetto del mega-insediamento.

 

 

Secondo lei come s’inquadrano le minacce a Carlo Stasolla? Prima il racket, incendiando presidi, si libera di tutte le presenze nel campo, tranne che di un’unica cooperativa. Poi l’Associazione 21 Luglio s’interessa al progetto che riguarda il campo e il presidente viene minacciato dal racket; infine la commissione politiche sociali affida il progetto proprio a questa cooperativa, che è stata creata dal padre della presidente della commissione politiche sociali.

 

Mi pare che tutto questo si commenti da solo! Mi sembrano troppe casualità. Situazioni dubbie che non ci si può concedere su un problema delicato come questo.

 

Come ha influito la rimozione della vigilanza?

 

E’ evidente che in assenza di controlli aumenta la pericolosità. Certo, ci sono problemi economici, di bilancio, e comunque la vigilanza era un minimo palliativo e non la soluzione del problema, ma dove non c’è controllo il problema peggiora. E per quanto riguarda i costi, penso che persino se facessimo ai Rom un villaggio sulla spiaggia tropicale e gli costruissimo le villette, ci costerebbe meno di quello che spendiamo con l’attuale gestione!

 

Lei ha posto all’assessore Cutini la seguente domanda:  "E’ giunta all’attenzione di Roma Capitale una proposta progettuale di un’Ati per la costruzione e la gestione di un nuovo campo in cambio del comodato gratuito del terreno di 300mila mq? Se sì, questo significherebbe demolizione e spostamento in area limitrofa dell’attuale villaggio, costato 10 mln di denaro pubblico?".

 

Costruire un campo a spese di un privato potrebbe persino avere una logica, ma perché farlo a fianco di un altro campo per cui sono stati spesi un sacco di soldi? E qual è la finalità sociale di tutto questo? Se la finalità è integrare i Rom, bene, altrimenti è inutile.

 

Ieri, finalmente, l’Associazione 21 Luglio presenta il travagliato rapporto "Terminal Barbuta". Il consigliere radicale Riccardo Magi si oppone senza mezzi termini al progetto, assume una posizione netta sulle politiche della Giunta e sottolinea, oltre all’incompatibilità del progetto con le linee europee, quella con l’attuale piano regolatore, che bisognerebbe modificare per consentire l’edificabilità dell’area. Si reca all’assessorato anche Gildo Tanoni, sperando di poter parlare con la Cutini e chiederle cosa sarà della sua comunità, che oltre al terreno insalubre respira i roghi tossici e vive sull’amianto e l’eternit, tanto che i bambini si ammalano di leucemia e lo stesso portavoce Eros D’Ignazio sta lottando contro un tumore.

 

Trova assenti, come prevedibile, sia Rita Cutini che Erica Battaglia, la quale invia un messaggio in cui sostiene che i timori di Stasolla appaiono "poco comprensibili", e sottolinea che Roma ha chiesto di entrare a far parte del Tavolo regionale sulla Strategia d’inclusione.

 

Uno scandalo, secondo Marcello Zuinisi di Nazione Rom, che ci spiega: "Roma non ha mai aperto un Tavolo istituzionale presso l’amministrazione, non ha mai operato secondo la Strategia e ora vuole entrare in quello della Regione Lazio. Noi ci siamo opposti: se lo farà la Capitale, finiranno col farlo tutti!". Zuinisi ha inoltre denunciato alla procura il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il direttore dell’UNAR Marco De Giorgi come responsabili per violazioni delle direttive europee, razzismo e abuso d’ufficio: nello specifico, la direttiva europea 2043 CE, l’attuazione del decreto istitutivo dell’UNAR e gli accordi-quadro strutturali firmati a Bruxelles (comunicazione n. 173 del 5 aprile 2011).

 

 

Sulla richiesta del Comune è duro anche Palozzi: "Roma cerca di spostare il problema su altri tavoli. Se un merito va dato ad Alemanno - almeno dal mio punto di vista - è di non aver fatto finta di niente: si è posto un problema e ha cercato delle soluzioni. Non è riuscito a trovarle tutte, ma ha iniziato un percorso, condivisibile o meno. Marino, così come su tutti gli altri temi, cerca di spostare il problema su altri, vedi la Regione. E’ il vizio di un’amministrazione che oggi non ha una sua logica ben determinata, che ha problemi di natura politica e gestionale. A me quello che preme quando parliamo di questo argomento è la strategia politica su un problema serio come è quello del prezzo dell’integrazione, che può anche essere alto in termini economici quando l’integrazione c’è, ma se poi sono soldi buttati … Parliamo di città in cui i padri divorziati non sanno dove andare a dormire perché hanno perso la casa, ci sono migliaia di persone in stato d’indigenza, e io spendo milioni di euro per rifare La Barbuta? Non esiste! Non è una questione di sinistra o di destra. La vera domanda è: qual è il costo della gestione? Prendiamo esempi magari anche da altre città, se necessario. Bisogna comparare i costi ai benefici. Per me oggi c’è solo un costo senza una politica dei benefici. Io invece ho sperimentato come sindaco di Marino, ereditandolo da altri prima di me, che i giostrai o i proprietari dei circhi, ad esempio, pur essendo itineranti, sono persone con cui si trova una convergenza. Ma come in tutte le cose, dove non ci sono le regole uno è portato a delinquere. Se fai un centro di persone che, quand’anche fossero brave persone per indole, vedono intorno a loro solo gente che ruba, è probabile che ruberanno anche loro! Serve un progetto sociale e culturale di integrazione vero".

 

Infatti la Strategia Nazionale prevede politiche d’inserimento lavorativo.

 

"Sì, è anche vero che è difficile applicare strategie di rilancio e integrazione lavorativa quando c’è il 43% di disoccupazione giovanile. Ma potevi spendere 23 milioni di euro in maniera diversa. Paradossalmente ae gli stessi campi li coltivassimo faremmo lavorare chi è davvero produttivo! Il problema è sempre più comodo eluderlo che affrontarlo".

 

Gianni Carbotti e Camillo Maffia

 

(Foto di Gianni Cabotti)

 

 


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