Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

21/12/24 ore

Dibattito intorno al 40° Congresso Straordinario del Partito Radicale. Intervento di Silvio Pergameno



Il 9 luglio scorso, ai sensi dello Statuto del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, articolo 2, un terzo degli iscritti da almeno sei mesi al partito ha convocato il 40° Congresso straordinario del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, da giovedì 1 settembre (a partire dalle ore 14) a sabato 3 settembre, a Roma, presso il penitenziario di Rebibbia, Via Raffaele Majetti 75, con il seguente ordine del giorno:

 

  • relazione del Tesoriere;
  • saluti istituzionali del Ministro della Giustizia, del Direttore del DAP, del Direttore del penitenziario di Roma Rebibbia;
  • approvazione dell'ordine dei lavori, dell'ordine del giorno, del regolamento congressuale;
  • dibattito generale sullo stato del Partito;
  • Eventuali modifiche statutarie proposte in Congresso;
  • Approvazione della mozione;
  • Elezione degli organi.

 

Questo il comunicato dei convocatori del Congresso straordinario. Quaderni Radicali e Agenzia Radicale ritengono utile l’apertura di un dibattito precongressuale in questa fase critica e difficile dopo la morte di Marco Pannella.

 

Di seguito l’intervento di Silvio Pergameno

 

 

 

E adesso il radicalismo italiano?

 

di Silvio Pergameno

 

La scomparsa di Marco pone un problema di fondo a quanti abbiano non soltanto avuto con il “p.r.” rapporti continuativi ad ogni livello ma anche semplici occasioni di militanza come non meno lo pone agli altri, forse i tantissimi, che hanno avvertito, forse anche temuto,  nel corso dei decenni trascorsi la carica – meglio le cariche – di novità e di incidenza sulla democrazia italiana della vicenda politica e personale del singolare personaggio che del neoradicalismo italiano è stato ispirazione anima e primo combattente.  Non possono tutti  non porsi  la domanda, che non può in alcun modo restare disattesa: “ED ORA, CHE FARE?”

 

Sì. Adesso, che fare? La questione non concerne solo il partito e la necessità di trovare una qualche transizione interna più o meno concordata, perché il momento che il p.r. attraversa oggi è inevitabilmente un episodio di un divenire politico nazionale ed europeo  che coinvolge tutte le forze politiche del vecchio continente, anche se nel nostro paese la situazione è più complessa e soprattutto scarsa di riferimenti.

 

Anche il panorama politico  di Francia o  Germania o  Spagna, come spesse volte si è avuto occasione di rilevare, è oggi infatti connotato dalla presenza di forti  movimenti caratterizzati da spinte qualunquistiche e populistiche, che denotano il fermentare di un malessere diffuso al quale non si trovano risposte persuasive. Ma in questi paesi sono tuttora presenti anche forti partiti socialisti, democratici cristiani o ad esempio l’UMP in Francia, tutti con una storia ormai molto lunga alle spalle, e tutti fondamentali soggetti di riferimento e di confronto vitale.  In Italia, invece, l’unico partito con un vero passato è il PD, peraltro connotato oggi da un grosso  sforzo di evoluzione ostacolato dalla vecchia componente comunista, che peraltro non ha mai avuto il coraggio, dalla Bolognina in poi, di fare apertamente i conti con il passato (e con la cultura liberale, che Marco ha operativamente impersonato come politica di sinistra, e di vera sinistra, sulla scia di Salvemini, Gobetti, i fratelli Rosselli, Ernesto Rossi…).    

  

Soprattutto in Italia è complessivamente scomparso il vecchio panorama dei partiti della prima Repubblica, quelli che erano stati nel mirino delle grandi battaglie radicali degli anni settanta, senza poi che questo “dopo” (la “società delle conseguenze” come la definisce Geppi Rippa) sia stato analizzato e discusso e in qualche modo definito, senza che siano stati capiti i motivi profondi del crollo di DC, PSI, PRI, PLI, PSDI avvenuto nei primi anni novanta e senza che siano stati ben analizzati i caratteri della nuova configurazione politica italiana (ed europea) nel tempo successivo al crollo del Muro di Berlino e all’implosione del comunismo nei paesi europei, nel tempo della globalizzazione e con l’evidente assenza (o meglio l’impossibilità) in questo contesto di una politica di regolazione dei mercati (la BCE non può far tutto), di una politica estera, di una presenza militare, di un’efficace opera di intelligence….

 

Se questo è il quadro nel quale le forze politiche si trovano ad operare (e poi per tornare al discorso iniziale riguardante i radicali e il partito radicale), non possiamo allora dimenticare il fatto che Marco un vero partito come luogo di elaborazione politica e di formazione di una classe dirigente non lo aveva mai desiderato, né del p.r. aveva mai voluto essere il segretario – e giustamente dal suo punto di vista, perché la sua figura era la “cosa” che rendeva possibile l’esistenza dello stesso partito -).

 

Questo non significa pensare che non possa esistere un partito radicale perché Marco non è più tra noi. Ma significa dover ripensare e discutere la possibilità stessa di una formazione nuova (figlia del passato), prendere atto dell’esistenza di realtà radicali che sono state capaci di vivere una vita propria e significa dover compiere un esame della situazione nazionale ed europea (l’Europa – pur con tutti i suoi limiti - è ormai una presenza dalla quale non si può prescindere), e compiere un esame della situazione politica nel suo complesso, con i suoi caratteri e i suoi problemi, necessariamente coinvolgendo un arco diffuso di personalità della cultura e della politica italiane ed europee, oltre il Brennero ed oltre Ventimiglia. Anche perché l’Europa è oggi il quadro politico del presente e la crisi (le crisi) che l’Unione europea attraversa riguardano tutti e rivelano, purtroppo, un generale affievolirsi della vita democratica. La lezione del Manifesto di Ventotene non è stata appresa da nessuna parte.

 

 


Aggiungi commento