Apparso sugli schermi l’8 marzo, Nome di Donna, di M. T. Giordana, racconta una storia vera su molestie verso le donne che la giornalista e sceneggiatrice del film CristianaMainardi, ha proposto al regista circa tre anni fa, prima quindi che scoppiasse il caso Weinstein, ma inevitabilmente sulla scia di tale scandalo per il tema trattato.
La vicenda ruota intorno al personaggio di Nina (Cristiana Capotondi), ragazza madre che lascia Milano e si trasferisce in Brianza per ottenere un posto di infermiera ben remunerato in una lussuosa residenza per anziani.
Purtroppo qui si trova ad affrontare una dura realtà: molte infermiere e inservienti per non essere licenziate, subiscono molestie, abusi e ricatti di ogni genere da parte del direttore Marco Torr i(Valerio Binaschi) supportato da uno squallido prete affarista, don Roberto, (Bebo Storti).
Anche Nina ha bisogno di lavorare per conquistarsi la propria indipendenza, benché il suo compagno le offra di mantenere lei e la figlia.
Fiera, onesta e battagliera, Nina non solo respinge le avance del direttore, ma si ribella anche contro omertà e silenzio delle sue colleghe e denuncia il colpevole con l’aiuto di un’associazione e dell’avv. Tina Della Rovere (Michela Cescon) che assume la sua difesa nel processo.
Un film dallo stile asciutto, equilibrato e senza retorica, nonché ben interpretato sia dalla brava Cristiana Capotondi che da un cast di attori capaci di offrire sfumature molto realistiche ai personaggi.
Da sottolineare il ritorno sul grande schermo di Adriana Asti (nellaparte dell’anziana Ines), nota attrice di cinema, teatro e sceneggiati televisivi.
Cinema di impegno civile quello di M. T. Giordana, abile nel descrivere aspetti sociali e politici del nostro paese in film come Pasolini, un delitto italiano, I cento passi, La meglio gioventù, Romanzo di una strage.
Ecco un’intervista al regista.
Giovanna D’Arbitrio