C’è una figura del luminoso saggio di Lacan, Del barocco, del maggio ’73, che mi è tornata imperiosa alla mente quando stamattina all’improvviso ho saputo - come una deflagrazione - che Rubina Giorgi era morta. Una figura, quella evocata dal saggio che ho citato, di separatezza e dispersione, in cui Lacan parla “dell’inerzia del linguaggio, cioè dell’idea della catena, in altri termini dei pezzetti di spago, pezzetti di spago che formano dei cerchi, i quali, non si sa troppo bene come, si congiungono gli uni con gli altri”. Una vita di ossessiva lucente scrittura quella di Rubina, che ho conosciuto tantissimi anni fa, quando insegnava Filosofia del linguaggio, e diventammo così subitamente amici. Nel 1999, poi, scrissi sedici versi per lei, che pubblicai l’anno dopo nel mio Il sonno e le vigilie, edizioni Sottotraccia, e con essi termino altri sedici versi appena scritti, oggi, ancora per lei, nell’ombra della frammentazione che il linguaggio e la morte, già nelle parole di Lacan, evocano.
POESÌ di Rino Mele
I nodi (da cui Rubina Giorgi non è uscita più)
Gli uomini impauriti si guardano sorridere, ingannano
la paura,
sanno che è così vicina la fine della specie: cercano
di non parlarne, ridono di niente per farsi riconoscere dall'ombra
che è appena passata e
non tornerà. Stanotte
in un piccola clinica di Roma, poco lontano da via Nomentana,
è morta
una donna gentile, un filosofo, che ha vissuto la sua
ferma tempesta a cercare
nel linguaggio
le aporie del pensiero, e in quelle parole
il dolore.
Come diventasse aria e pietra, quando beviamo alla fonte,
l'acqua
che non sappiamo fermare.
Rossa rosa arresa
dove si posa la tua mano recisa.
C'è, intorno, un'aria ferma,
sospesa, domata
da una cieca attesa, accecata
dalla notte
nella cornice di un tuo specchio
segreto. Le bandiere
che porti tra le vesti, le mani,
le gioiose proteste, le figurine
dei santi che annodi
nei lacci degli stivali, che incolli
sulle mani, sui guanti,
sull'elmo d'oro che porti
sui capelli.
Rossa rosa recisa.
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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