"Io so che sulla terra non è possibile sopprimere la violenza; io so che la lotta per il potere divide l'uomo dall'uomo, dovunque uomini abitino l'uno accanto all'altro". Questo dice l'imperatore Augusto a Virgilio in un tesissimo dialogo sul potere, nell'indimenticabile libro di Hermann Broch, "La morte di Virgilio", del 1958.
POESÌ di Rino Mele
Violenza e desolazione della violenza
Come su una lavagna
stiamo sempre
a cancellare, eliminare con la dimenticanza tracce avare - pus
e sangue - dei corpi amati, di un nome, pronti a fare a noi il più aspro male
per salvare l'irresponsabile paura, l'ansia
che ci assale. Quando Caino
con una grossa pietra ripetutamente colpì il volto d'Abele lo vide ridere nel sangue,
chiuse gli occhi
pensando di dargli il tempo di fuggire,
li riaprì e se lo vide davanti, non morto
non vivo,
come l'acqua che il gelo trattiene e nasconde, allora fu lui a correre lontano,
nell'orrore
che ora sarebbe rimasto solo, e non avrebbe potuto mai più riconoscersi
nell'altro,
sfidarlo a correre sulla rena,
gettargliela negli occhi, scambiarsi
la voce per gioco. Capì che l'ucciso non scompare ma si rifugia
nella tua voce,
nel tuo respiro che s'ammala:
lui non va via, ti resta accanto, dovrai portartelo sulle spalle, sopportarne
ogni istante
il peso ostile, sentire la sua voce di morto squittire
nel tuo sonno,
mentre ti chiede di scaldargli il cuore.
In ogni uomo, stretta in un dolore che non può liberare, è la figura binaria
del padre e del figlio,
un contrasto aspro che disorienta: ti trovi sempre dove non credi di essere, malato
di te stesso, del male
in cui ti riconosci ripetendo il tempo ferito, dici "io"
e siete in due a parlare, il padre e il figlio.
Isacco - la legna legata sull'asino
per salire il monte lontano - e Abramo camminarono tre giorni, il padre gli brucia il
sangue per farne arrivare l'aspro odore
a Dio che gli mette il coltello in mano, glielo toglie,
lo spoglia,
e riveste, getta
il suo corpo nel fiume.
Gridi di annegare,
ma sei nel deserto dei tuoi consumati passi a morire di sete.
__________________________
Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
Leggi l'intera sequenza di POESÌ