È stata appena comunicata la recente scoperta, nell'antica Pompei, di un affresco rappresentante la fase finale di una mortale lotta tra gladiatori, un mirmillone e un trace, da quest'ultimo scorre il sangue come da più fontane. I miei versi parlano dei Curdi perseguitati, della politica violenta della Turchia, un paese che aderisce alla Nato (il cui Segretario senza voce è Jens Stoltenberg). La Russia, gli USA, La Siria, la Turchia, ma non solo, tentano di svilire la vita di un nobile popolo, giocandosene il respiro con carte truccate, piccoli cenni, avare concessioni, progressive spinte sempre più veloci verso il baratro.
Infine, il sacrificio d’Ifigenia ci è raccontato da Euripide.
POESÌ di Rino Mele
I Curdi e i gladiatori di Pompei
Qamishli è una città povera, uno dei luoghi dove
in queste ore la paglia e il fango scuriscono, cambiano colore
nel sangue che apre
improvvise strade.
I Curdi abitano le più aspre alture di montagne divise
tra più stati, non hanno pace, costretti a difendersi, lottare
per il diritto di respirare.
La vergogna ci opprime, restiamo a giocare con le nostre dita,
a nasconderci
per non vederci guardare
(il segretario della Nato, mentre il popolo curdo
è straziato, rassicura Ankara, raccomanda al tiranno di uccidere
con cerimoniosa grazia, gli suggerisce "un intervento
proporzionato").
Abbiamo paura di sapere,
ci nascondiamo dietro l'interpretazione, fuggiamo
la verità,
ci attrae l'estrema inconsapevolezza, la maschera stretta che
riproduce il nostro volto vuoto.
Continua il sacrificio
d'Ifigenia: il padre
affila il coltello per inondare di morte l'altare.
Come un bambino nella stanza dove nasconde i pezzi avari
dei giochi, l'uomo uccide perché vorrebbe vedere
soltanto se stesso nello spazio in cui vive,
ciò che è di fronte gli appare come una preda, un nemico
da catturare.
La scoperta dell'affresco di Pompei, che raffigura due gladiatori
costretti a uccidersi,
ha coinciso con l'orrore di questo nuovo fronte di guerra - come
nell'arena
di un antico circo - in cui la Turchia vuol rappresentare
la cerimonia della messa a morte dei Curdi
in un nuovo olocausto, calpestare
l'ombra del nemico, riempirsi del suo sangue
le mani, in quel nevaio, l’inverno della disperazione.
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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