Le montagne dei Curdi assediati dai Turchi e dalla nostra stupida viltà, il sangue che scorre sulle strade e sembra del colore dell'asfalto. Lo Yemen, la Libia, la Somalia, la Nigeria, l’Afghanistan, non ci sono crocevia senza guerra, dove se cambi strada sei nemico alla tua ombra, che ti uccide.
(i primi dieci versi li ho appena scritti, gli ultimi trentadue li ho tratti dal mio La dolce apocalisse: i 295 versi - che è il numero dei Sepolcri - di questo breve poema furono pubblicati nel 1995 sul quadrimestrale “Astolfo” del Centro Universitario di Torino e, infine, riproposti nel 2011 dalle edizioni Plecticà).
POESÌ di Rino Mele
Il mondo è una multisala
Un angusto mattatoio
sporco
è il mondo, da quello stretto spazio ci ritroviamo su uno schermo,
il sangue
che scorre sul volto e impedisce di vedere.
Nettandoci col dorso della mano, pensiamo d’essere fuori
da quel morire
mentre con un coltello tra le mani
corriamo
incontro al vuoto.
Il mondo non è un teatro, è un cratere,
all'entrata c'è un portiere, un gatto
che segna sulla schiena col gesso
una croce, un segno, il numero
della tomba, un verme
che s'ingrossa nel suo colore. Margherita
uccide Faust appena le si presenta,
Mefistofele canta come Fred Astaire,
in americano, un inquisitore cieco
cerca di tirare il sipario, chiama
a testimoniare sulla morte del vecchio
professore, non crede alla finzione, ma inciampa
e finisce sotto i piedi del diavolo che danza.
C'è un puzzo atroce, il riso
dei morti e le rose. Tra un atto
e l'altro il dramma è scordato, gli spettatori
si baciano, incastrano nella bocca del vicino
i denti malfermi, vomitano
lattice amaro, si guardano
sfiniti, escono a stento, chiudono
dentro le sciarpe il vento.
Il lago è ghiacciato sul piccolo
televisore, la Pizia corre sulle mani,
sulle ginocchia, coperta
dall'orda urlante, diventa
nutrice, allatta i cuccioli, parla con Fedra,
le rimprovera i vuoti giri del palazzo
dipinto, le scale avare che scavano i sogni
a Pasifae, la morte del Minotauro
l'atroce urlo che recita nella voce.
Una mano di marmo stacca
l'alba dalla notte.
_______________________________
Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
Leggi l'intera sequenza di POESÌ