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12/10/24 ore

POESÌ di Rino Mele. Wuhan



Nella regione dell’Est della Cina, nella provincia di Hubei, a Wuhan, una metropoli di 11 milioni di abitanti, è scoppiata un'epidemia che potrebbe rischiosamente diffondersi in tutto il mondo. Ne è causa un coronavirus sconosciuto, 2019-nCoV. Fino a ora i casi accertati sono circa 15000, i morti più di trecento.

 

La prima guerra mondiale portò con sé l’urlo di quasi 20 milioni di morti (altrettanti i mutilati e i feriti): quando essa finì, un’epidemia influenzale d’immane violenza invase l’Europa, i morti per la “Spagnola” (1918-1920) superarono di molto quelli della guerra.

 

 

                    

 

 POESÌ DI RINO MELE

 

 

 

Wuhan

 

L'epidemia ci raduna come nella valle la tempesta

costringe a sentirci un corpo unico, immane. Nella paura 

di quel corpo smisurato

che si sotterra morendo, e chiede resurrezione,

le singole identità si smarriscono. Gl'infiniti volti della peste spingono

gli uomini insieme,

Dio non è più lontano: è il vicino cui hai sottratto dalle dita

qualcosa che non puoi

restituire. Distratti a scannarci per la linea vuota

di un confine,

finalmente sappiamo

che non abbiamo nulla da spartire, ci ritroviamo

uguali a quelli che il morbo ha appena disfatto, sul torrente di scale

senza riconoscere nessuno, spinti a scendere 

senz'avere più tempo 

d'invidiare chi sale. Le nostre 

mani protese sono afferrate da altre mani,

non c’è più distanza, il desiderio s’annulla e diventa rapina.

Poi, quando tutto tornauguale

rispunteranno le miriadi di teste, di braccia, di bocche

a parlare

della leggera immortalità che ci assale.

Epidemia fu anche quella consumata 

nei campi

di concentramento. Auschwitz era la simulazione

della difesa da un contagio, un ordinato orrore, il regno delle ombre

diviso a riquadri, la punizione

che incombe, lo scudiscio sul volto, la pietra al posto del pane.

I cunicoli stretti dei lager

erano come lazzaretti, non c’era spazio

al di là del corpo

se non per ritrovarti morto, legato dalla disperazione.

 

 

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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

  

 

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