Nella regione dell’Est della Cina, nella provincia di Hubei, a Wuhan, una metropoli di 11 milioni di abitanti, è scoppiata un'epidemia che potrebbe rischiosamente diffondersi in tutto il mondo. Ne è causa un coronavirus sconosciuto, 2019-nCoV. Fino a ora i casi accertati sono circa 15000, i morti più di trecento.
La prima guerra mondiale portò con sé l’urlo di quasi 20 milioni di morti (altrettanti i mutilati e i feriti): quando essa finì, un’epidemia influenzale d’immane violenza invase l’Europa, i morti per la “Spagnola” (1918-1920) superarono di molto quelli della guerra.
POESÌ DI RINO MELE
Wuhan
L'epidemia ci raduna come nella valle la tempesta
costringe a sentirci un corpo unico, immane. Nella paura
di quel corpo smisurato
che si sotterra morendo, e chiede resurrezione,
le singole identità si smarriscono. Gl'infiniti volti della peste spingono
gli uomini insieme,
Dio non è più lontano: è il vicino cui hai sottratto dalle dita
qualcosa che non puoi
restituire. Distratti a scannarci per la linea vuota
di un confine,
finalmente sappiamo
che non abbiamo nulla da spartire, ci ritroviamo
uguali a quelli che il morbo ha appena disfatto, sul torrente di scale
senza riconoscere nessuno, spinti a scendere
senz'avere più tempo
d'invidiare chi sale. Le nostre
mani protese sono afferrate da altre mani,
non c’è più distanza, il desiderio s’annulla e diventa rapina.
Poi, quando tutto tornauguale
rispunteranno le miriadi di teste, di braccia, di bocche
a parlare
della leggera immortalità che ci assale.
Epidemia fu anche quella consumata
nei campi
di concentramento. Auschwitz era la simulazione
della difesa da un contagio, un ordinato orrore, il regno delle ombre
diviso a riquadri, la punizione
che incombe, lo scudiscio sul volto, la pietra al posto del pane.
I cunicoli stretti dei lager
erano come lazzaretti, non c’era spazio
al di là del corpo
se non per ritrovarti morto, legato dalla disperazione.
_______________________________
Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
Leggi l'intera sequenza di POESÌ