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24/11/24 ore

POESÌ di Rino Mele. La piccola epidemia



Siamo terrorizzati dall'epidemia Coronavirus, ma continuiamo a essere indifferenti, nel progredire della tragedia del clima, all'annunziata fine della specie e, come sempre, disattenti alle continue strazianti guerre, purché non tocchino i nostri confini. Il mio precedente intervento sull'epidemia, per Agenzia Radicale, è del 4 febbraio 2020, i versi avevano per titolo Wuhan.

 

(Il richiamo all’isola di Lesbo del verso 28 vuole avvicinare ai nostri occhi la disperazione dei Siriani spinti in questi stessi giorni da verso la fine per fame).

 

 

 

 

POESÌ DI RINO MELE

 

 

La piccola epidemia

 

Chi ha il contagio è in attesa di rinascere      

mentre infermieri vestiti di bianco

lentamente

sfuggono allo schermo dell’aria.

Siamo diventati tutti vicini di casa,

dirimpettai stanchi

che si guardano appena dal vuoto dei balconi,

nello stato obliquo

di un continuo scivolare verso quel prima della nascita,

ora che, una volta nati, potremmo trovarci a morire

insieme

in una fredda disperazione.

Ci fa paura, nell'anonimato della catastrofe, che la morte

sottragga

alla nostra poca anima quella parvenza

d'individualità

che già non appare.

Nelle epidemie il primo a scomparire è il volto, col volto la memoria

del nome:

il pensiero che il nostro sbiadito io, destinato alla morte, possa

all'improvviso finire non distinto dalla

carne degli altri (questa è l’epidemia, un richiamo

terrorizzante della specie)

ci sbrana di paura.

Sono i replicati migranti fermati nell'isola di

Lesbo - impediti 

di vivere - la fotografia bruciata

della nostra condizione.

Davanti ai nostri occhi tutto scompare, si fa nebbia, costretti

da occhiali sporchi. Ha il colore dell'inchiostro

il sangue

che l'acqua scioglie e allontana.

 

 

_____________________________ 

 

 

 

Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

 

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