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21/11/24 ore

POESÌ di Rino Mele. Dietro lo steccato



Oggi è il primo maggio. La classe operaia progressivamente ha perso la voce e il volto, sostituita da uno sconfinato sottoproletariato, variegato, disunito e violato, alcuni arrivano all’agiatezza ma restando sempre al di qua del lavoro come progetto e passione: un sottoproletariato che si è esteso tanto da alludere a uno spazio universale nelle cui sabbie anche i ricchi finiranno con affondare.

 

Quando ho scritto i 22 versi della poesia che oggi pubblico su Agenzia Radicale c’era ancora un’ombra concreta della classe operaia, ma quella vera, diseredata (e riconoscibile) era l’altra e di essa parlo in quei 22 versi, di coloro che erano - e sono - dietro lo steccato. Pubblicai questi versi nel marzo 2000 nel mio “Il sonno e le vigile”, edizioni Sottotraccia.

 

 

 

 

Rino Mele

 

 

Dietro lo steccato

 

Maggio ha un muso di volpe, i colori 

acuti dei fagiani, l’aspra forza 

(a precipizio) dei falchetti, Maggio

s’apre come il pudore 

di una donna all’amore (i rituali nel 

desiderio di uno sguardo),

Maggio è l’affanno 

di chi lavora, le mani a pugno, 

un cielo di sassi, il bagnarsi insieme 

nella stessa canzone. A questo 

sognato animale (femmina di cinghiale, 

dolcissima volpe, 

vulpecula) manca la coda, le stelle 

trascinate dalla notte, il grido 

prima di annegare: per i dimenticati 

della terra non c’è festa, non canti, 

non mani che stringono 

con allegra morsa altre mani, 

le scarpe di foglie 

e di fieno. E’ il lutto di chi resta 

dietro lo steccato 

tra i senza nome, accecati a guardare.

 

 

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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

 

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