di Silvia Lanzani
Nessuna forma di sapere può mai essere separata dalla vita. Giordano Bruno lo sapeva bene e lo ha insegnato in tutte le cattedre europee dove la sua inquieta ricerca umana e filosofica lo ha condotto. Lui, 'Accademico di nulla accademia', ha spiegato che ciò che conta non è arrivare primi, ma correre con dignità. Come ricorda Nuccio Ordine, professore di Letteratura italiana nell'Università della Calabria nel suo saggio 'La cabala dell'asino. Asinità e conoscenza in Giordano Bruno' (premessa di Ilya Prigogine, prefazione di Eugenio Garin, edizioni La nave di Teseo, pp. 370, euro 20).
Per il Nolano, la doppiezza simbolica dell'asino è in perfetta sintonia con la duplice funzione del Sileno: entrambi attivano un gioco sottile di rovesciamenti, capace di far oscillare il senso tra un polo positivo e uno negativo. In queste pagine l'asino, 'un animal più tosto di calci che che di urti', si rivela perciò sotto una luce diversa, e tra 'cartacci' dimenticati e pensieri di medesima pezza, si scopre un legame dell'animale con le acque e con la sapienza, dettando il ritmo di un preciso stare al mondo fatto di tolleranza, amore per la fatica e impegno.
È con una mandibola lunga d'asino, ricorda Bruno, che Sansone potè uccidere mille Filistei. Di qui la chiosa del filosofo: cosa credi avrebbe potuto fare con un asino tutto intero, vero e vivente?
Si varia la fortuna e gira la Ruota della metamorfosi. Però "come siamo stati pronti al cascare, cossì anco siamo apparecchiati a rimetterci su gli piedi" ('Spaccio della bestia trionfante'). E perché "non vi spantiate" quando udite il nome d'asino, sappiate - avverte il Nolano, filosofo dela Dignitas hominis - che l'asinità positiva è fatta di umiltà, tolleranza e predisposizione al durissimo lavoro. Il polo sublime della verità può essere raggiunto dalla Fatica, e gli uomini si impegnano a raggiungere la "gloria de l'opre" prima che morte "tolga le mani", quelle mani così necessarie nel pensiero bruniano, perché "organo degli organi".
Solo alla Fatica spetta afferrare "la Fortuna pe' capelli" ma "nisciuno è tanto grosso asino che qualche volta, venendogli a proposito, non si serva de l'occasione", scrive nel 'Candelaio'. Occorre studiare e faticare, "mostrar d'aver dato sul chiodo", così l'avventura della conoscenza può essere percorsa solo dall'asinità positiva, fatta di umiltà e operosità: "apprendi la Fortuna pe' capelli; affretta quando meglio ti pare il corso della sua ruota: e quando ti sembra bene, figigli il chiodo, acciò non scorra" ('Spaccio').
La verità ama la compagnia di pochi e sapienti, odia la moltitudine", ma è anche vero che la "soma" della difficoltà "non fa per le spalli di qualsivoglia". La verità, come la sapienza, è una scelta: "se la fatica è tanta, il premio non sarà mediocre", annoterà il Nolano, onnivore lettore, ne 'la Cena delle ceneri'.
Anche negli 'Eroici furori', Bruno riprenderà il tema della 'Cena': basta che tutti corano, "assai è ch'ognun faccia il suo possibile". E altrove vergherà il foglio nato da notti insonni con un altro pensiero che resta nella percorrenza umbratile di ciascuno: "Non ti scoraggino gli ostacoli che ti si possono presentare, dal momento che qualunque impresa è possibile per la vuol fare".
Per Bruno è dunque importante il 'come' corriamo', e questo essersi cimentati è ciò che connota il "ben vivere" rispetto al nascondersi: Est aliquid prodisse tenus, è già qualcosa l'essersi cimentati. Imparare a sfidare, con schiena dritta, la Fortuna, perché nessuno è più ricco e potente di chi sa. La verità coincide con la stessa ricerca della verità, cogliendone i segni nelle "minuzzarie" di tutti i giorni.
Chi non sa attraversare gli opposti non può capire le trasformazioni, tendere alla pace sociale e alla "civile conversazione" dei popoli. Andare cioè oltre il tempio di ogni fede che mette lacci senza unire, per vivere Umanità e comprendere che la legge è figlia della Sofia, continuando a camminare verso un luogo dell'anima dove le ombre sono chiarite e l'arca governata...
E' fondamentale "muovere le mani": solo chi apre il Sileno può andare al di là delle apparenze. Ecco perché "non è cosa che per studio non si vinca", spiegherà il Nolano in 'L'Asino cilenico'. Oltre la pedanteria, questo discorso di sapienza va declinato nella storia: "I grammatici asservono il contenuto alle parole, noi invece asserviamo le parole al contenuto". Bruno in questo modo spalanca le porte della conoscenza e caccia fuori "dottori che vanno a buon mercato come le sardelle, perché con poca fatica si creano, si trovano, si pescano e con poco prezzo anche si comprano" ('De la causa, principio et uno').
Insieme all'ammirazione per coloro che "poneno il scudo contro le lanciate del fato", in Bruno c'è l'invito a salire su "l'alta rocca ed eminente torre della contemplazione". Un invito a spostare continuamente i confini del già raggiunto, perché - ricorderà negli "Eroici furori' - "quel che abbiamo vissuto è nulla, quel che viviamo è un punto, quel ch'abbiamo a vivere non è ancora un punto ma può essere un punto il quale insieme sarà e sarà stato". Ogni punto è centro.
E la vita si percorre "con altre vene", ovvero con impegno e ricerca senza fine. Oltre i vincoli, nella traccia della multiversità che costruisce senso. Aperti alle sorprese della storia e alle novità del pensiero. Anche in questo caso, l'ultima parola spetta al filosofo nato sul Monte Cicala. In una bella pagina della 'Cena', si racconta l'avventura di Saul in viaggio per trovare asini smarriti.
È l'episodio biblico narrato nel Primo libro di Samuele: andare alla ricerca di asini può condurre, talvolta, a trovare persino un regno. Di qui l'invito che vale per tutti: "Or seguita, Teofilo, il tuo discorso. Narra i successi di questo cercare come facea il Nolano; fanne udire il restante de i casi di questo viaggio". La Fortuna va afferrata sempre per i capelli.
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