È un vero peccato che nell’800 non ci fossero gli strumenti di registrazione che vennero inventati e diffusi nel secolo che si è recentemente concluso. Se avessimo potuto ascoltare la voce da tenore di Giovanni Matteo De Candia (meglio conosciuto come Mario), forse anche noi saremmo andati in visibilio come gli spettatori di numerosi teatri in Europa e in America che ebbero il privilegio di assistere alle sue esibizioni.
Se non possiamo apprezzare il suo belcanto, possiamo però conoscere la sua vita sia professionale che familiare leggendo l’ampia e dettagliata biografia di Felice Todde pubblicata dalla Zecchini Editore: “Il tenore gentiluomo”.
Giovanni Matteo nacque a Cagliari da padre di origine campana, ufficiale dell’esercito sabaudo e rampollo di una famiglia di imprenditori di Torre del Greco. Serafino, bisnonno di “Mario”, grazie alla fiorente attività di armatore, si era infatti guadagnato i privilegi di “Cavalierato e Nobiltà trasmissibili ai suoi figli e ai discendenti maschi” conferitigli direttamente dal re Vittorio Amedeo III di Savoia.
Anche per il cantante venne prospettata la carriera militare, tanto che, dopo un’istruzione privata impartitagli a casa, così come avvenne per i suoi fratelli, venne spedito all’età di dodici anni alla Regia Accademia di Torino (frequentata nello stesso periodo anche da Camillo Benso, conte di Cavour), dove vi rimase per quattordici anni.
Il giovane, sebbene ottimo allievo e cadetto (arrivò fino al grado di sottotenente), amava anche le arti (quali il disegno e, appunto, proprio il canto) e la bella vita, in particolare le feste mondane, i sigari e gli abiti costosi, ma soprattutto sembrava avesse uno spirito libertario che lo portò ad uno scontro con il padre in occasione del suicidio in carcere di Ruffini.
A causa del carattere ribelle e agli indebitamenti per le sempre più ingenti spese, il giovane fu radiato dall’esercito e costretto ad emigrare in Francia. Dopo un breve soggiorno a Marsiglia si trasferì a Parigi dove iniziò a frequentare i salotti aristocratici nei quali, grazie al suo “bell’aspetto e alla bella voce” si “distinse dai cantanti comuni”.
La sua partecipazione alle iniziative organizzate in favore degli italiani esuli costituirono il debutto che lo portò, per cominciare, nei teatri parigini e londinesi e all’incontro con esperti del settore, tra i quali il direttore della “Revue et Gazette musicale de Paris” e il compositore Mayerbeer che lo scritturò per la sua opera “Robert le diable”.
Da qui iniziò quindi la sua lunga carriera, segnata da un’innumerevole quantità di successi. Sul palcoscenico incontrò la compagna della sua vita, il soprano Giulia Grisi, dalla quale ebbe sei figlie. Spesso cantarono anche negli stessi spettacoli ed insieme si esibirono in Inghilterra, a Dublino, in Russia e in Spagna.
In Francia Giovanni Matteo, abbandonato nome e cognome per non danneggiare la carriera militare del padre che, nonostante questo, fu comunque messo forzatamente in pensione, incontrò Mazzini con il quale strinse una solida amicizia. Inizialmente il tenore lo aiutò facendo da tramite per la corrispondenza (allora soggetta a controlli e censure), poi elargendo anche cospicui finanziamenti.
Mario durante il Risorgimento, fu in buoni rapporti sia con i monarchici sia con i repubblicani, ospitò perfino un raduno di garibaldini durante il quale organizzarono la spedizione dei mille. Nonostante avesse vissuto molto poco in Sardegna, mostrò sempre vivo interesse anche per le vicende della sua terra natìa e non mancarono mai pensieri affettuosi per parenti e conoscenti concittadini.
Come si può facilmente intuire, quindi, “Il tenore gentiluomo” non è una semplice biografia di colui che fu definito all’epoca “Maestro vivente del canto e, per certi aspetti, della recitazione”, ma una preziosa testimonianza di tutto il diciannovesimo secolo, in cui la storia di un singolo cantante, si intreccia con la Storia nazionale ed europea sia dal punto di vista politico che di quello artistico, come quella di vari teatri, soprattutto del Covent Garden di Londra e del Théâtre italien di Parigi.
Todde riporta ampi stralci di giornali, analizzando e comparando le cronache e i commenti di ogni singola testata, offrendo al lettore una panoramica ampia e approfondita.
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