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18/11/24 ore

Quando inizia la nostra storia, di Federico Rampini


  • Giovanna D'Arbitrio

Una citazione tratta dal De Oratoredi Cicerone ci guida alla lettura del libro:”Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis”.Tale concetto della storia “maestra di vita”, viene ribadita anche nell’Introduzione, in cui Federico Rampini (Quando inizia la nostra storia – Mondadori) sottolinea che “ci sono svolte nel passato che hanno disegnato il mondo in cui viviamo”.

 

Appare urgente quindi riscoprire la storia come guida, poiché chi non la conosce è condannato a ripeterne gli errori, dal momento che “i vincoli del passato comandano il mondo”. Se impariamo a decifrare gli antefatti, a misurarne il peso sulle nostre scelte di oggi, acquisiamo maggiore lucidità e profondità”.

 

Tali significative premesse ci conducono alla scoperta di 9 interessanti capitoli:1) 1979-2018. Nascita (e tramonto?) degli islamismi moderni ;2) 1972 Nixon-Mao. 2018:Trump-Kim; 3)1963-67:l’eredità terribile del lungo sessantotto americano; 4) 1948:muore un impero, nasce Israele; 5)1845-1870: la Grande Fame irlandese da Karl Max a Donald Trump; 6)1869. Il canale di Suez, Jules Verne e la nascita del globalismo; 7)1839-1860: le guerre dell’oppio e la lunga rivincita cinese; 8)1600-2008: dalla Compagnia delle Indie a Lehman Brothers; 9)1450 (Gutemberg), 1492 (colombo), 1648 (Pace di Vestfalia): le tre date della modernità.

 

Il libro si conclude nell’’Epilogo con un invito al dubbio e all’umiltà attraverso due citazioni: la prima riporta i versi di Montale “Ah l’uomo che se ne va sicuro/agli altri ed a se stesso amico/e l’ombra sua non cura che la canicola/stampa sopra uno scalcinato muro/non domandarti formula che mondi possa aprirti…; la seconda  riguarda il libro “Città invisibili” di Italo Calvino in cui l’immenso impero di Kublai Khan diventa il simbolo della caducità di glorie e conquiste terrene, poiché arriva un momento anche nella vita degli imperatori in cui all’orgoglio per i territori conquistati segue un “senso di vuoto” per la consapevolezza dello sfacelo al quale son destinati per incancrenita corruzione e accumulo di errori ereditati dagli avversari sconfitti. Anche gli imperi che sfuggono “al morso delle termiti”.

 

Secondo l’autore, anche questo suo libro non nasce “a tavolino”, in quanto le letture del passato si fondono con i racconti dei suoi viaggi di “nomade globale” che lo hanno condotto dalla profonda provincia americana trumpista al cuore islamico di Harlem, dall’Iran a Israele e alla Palestina, dalla Cina alla Silicon Valley californiana. E d’altra parte l’avventura a ritroso nel tempo sollecita domande: Che cosa lega l'invenzione della stampa moderna (Gutenberg) nel 1450, la Riforma protestante di Lutero e quel primo esperimento di globalizzazione che furono le grandi esplorazioni navali? È possibile paragonare Facebook o Instagram alle altre rivoluzioni della comunicazione? Che distanza c'è tra quella Età del Caos che chiamiamo Rinascimento, i suoi Savonarola, e i populismi di oggi? E perché la riscoperta dello Stato-nazione ci sembra un regresso, mentre con la Pace di Vestfalia fu un approdo di stabilità?” 

 

Come nel precedente libro Le linee rosse, Rampini si è servito di “mappe di decifrazione”, soffermandosi in particolare su alcune date-chiave che evidenziano legami tra eventi epocali del passato e il nostro presente. Nel risvolto di copertina pertanto si legge: “La nascita nel 1600 della Compagnia delle Indie, azienda privata a cui l'Inghilterra assegna il grosso del suo impero, in queste pagine diventa l'inizio di una storia del capitalismo che si dipana fino al crac di Lehman e alla grande crisi del 2008 da cui non siamo ancora usciti. La guerra dell'oppio (1840) spiega lo spirito di rivincita che anima oggi la Cina. Il 1869 vede la nascita del Canale di Suez, che ispira Il giro del mondo in ottanta giorni di Jules Verne: non solo un romanzo d'avventura, ma l'avvento del globalismo come ideologia. In tema d'immigrazione, si parte dal 1870: la Grande Fame degli irlandesi e quello che, secondo Marx, dovrebbe insegnarci. Il 1948 segna la fine dell'impero britannico e della sua pretesa di fagocitare quello ottomano: una vicenda di cui settant'anni dopo la questione israelo-palestinese porta ancora le cicatrici. Esplorando gli anni 1963-67, riaffiora la terribile e seducente eredità del lungo Sessantotto americano, l'inizio di quella «guerra civile sui valori» tuttora in corso. L'incontro di Nixon con Mao Zedong nel 1972 innesca una reazione a catena che sfocia nel protezionismo di Donald Trump. E l'anno 1979 concentra tre eventi formidabili: la rivoluzione degli ayatollah in Iran, la svolta reazionaria dell'Arabia Saudita, l'invasione sovietica in Afghanistan, un triangolo dove viene piantato il seme degli islamismi moderni”. 

 

Il libro è senz’altro molto interessante e dovrebbe essere letto soprattutto dai giovani, poiché come ha afferma lo stesso Rampini in un’intervista, purtroppo la storia non viene insegnata  a scuola in modo approfondito come un tempo e pertanto oggi le nuove generazioni sono molto ignoranti in tal campo.

 

Ecco un’intervista all’autore (da Radio Radicale)

 

 


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