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17/11/24 ore

Patria, di Fernando Aramburu. Tra ideologia, fanatismo e drammi familiari



di Maurizio Musu

 

Romanzo vincitore del Premio Strega europeo del 2018 e del premio letterario internazionale Giuseppe Tomasi di Lampedusa 2018; Patria, dello scrittore spagnolo Fernando Aramburu, è il primo romanzo tradotto in Italia dalla casa editrice Guanda.

 

Due famiglie, una città - San Sebastian -, due patrie – la Spagna, Euskal Herria - un movimento separatista ed independentista, l'ETA. 

 

Da un lato Joxian e Txato, cresciuti entrambi nello stesso paesino alle porte di San Sebastián, vicini di casa, inseparabili nelle serate all’osteria e nelle domeniche in bicicletta.

 

Dall’altra, Miren e Bittori, mogli dei due amici, anche esse legate da una solida amicizia, così pure i figli, compagni di giochi e di studi; Arantxa, paralizzata dopo un ictus, figlia di Miren e Joxian; i fratelli Joxe Mari, militante dell'ETA, Gorka, l’intellettuale di famiglia. Nerea, figlia di Bittori e Txato, costretta ad andare a studiare a Saragozza perché il padre è minacciato dall’ETA, il fratello Xabier medico d'ospedale.

 

Una vita serena in cui nulla pare turbare i vari rapporti d'amicizia. Almeno così fino a quando Txato, preso di mira dall’ETA, è vittima di un attentato.

 

Bittori sarà costretta ad abbandonare il paese, la sua presenza non sarà più gradita, perché le vittime, loro malgrado, creano fastidi ai vicini come agli amici.

 

Miren e Bittori incattivite dai loro rancori,  condividono, loro malgrado, un destino simile e beffardo. 

 

La solitudine!

 

Chiuse nelle loro case, lanciano strali e accuse. Le due donne condividono, giorno dopo giorno, la volontà di perseguire la necessità di ricevere giustizia e verità.

 

Giustizia e libertà per un figlio vittima dell'ideologia, agnello sacrificale di un' organizzazione ben organizzata.

 

Giustizia e verità per un marito assassinato, ingiustamente, da un'ideologia incancrenita nella ricerca a tutti costi di una Patria libera e indipendente. Ingiustamente perché  Txato è basco e perché è un buon cittadino oltre che un buon marito e padre.

 

Una patria indipendente che ha l'obbligo di eliminare chi non sottostà alla semplice, e mai banale, regola dell'Euskal Herria

 

Saranno principalmente i percorsi di Bittori, Arantxa e dello stesso Joxé Mari, a determinare le vicende della trama e dei futuri nuovi rapporti umani.

 

Un romanzo intimo e corale in cui a ciascun personaggio Aramburu concede spazio e tempo per raccontare vicende che segnano ben oltre la vita delle due famiglie.

 

Il dramma mette in luce lo squarcio sociale e politico causato dall’intrasigenza dell'ETA degli anni settanta/ottanta del Novecento.

 

Vittime e carnefici sono messi sotto la lente di ingrandimento al fine di conoscere e capire emozioni, sentimenti, vissuti delle parti in causa. Niente è escluso agli man dello scrittore e agli occhi del suo lettore.

 

Perché, come racconta Aramburu, entrambe le parti vivono a stretto contatto ed hanno il difficile compito di trovare un nuovo equilibrio all'interno dei rapporti umani, oltre uno spazio fisico in cui tutto è dannatamente complicato per via di relazioni e reazioni più o meno appropriate e approvate.

 

Reazioni appropriate per spirito di appartenenza ad un equilibrio sociale, precario e circoscritto, dettato dalle convenzioni comunitarie e dalla paura di essere eventuali possibili vittime.

 

E questo è chiaro sia a Miren che a Bittori. Da un lato una madre “privata” del proprio figlio, ingiustamente in carcere per appartenenza ad una Idea – o meglio, all’Idea -, e ben oltre il fatto che il figlio sia un esecutore materiale di vari omicidi; dall’altra, una moglie “privata” del proprio marito, ingiustamente ucciso per il solo fatto di non aver aderito a quella stessa idea, Euskera Herria.

 

In mezzo affetti, amicizie, sentimenti che di volta in volta e pagina dopo pagina sono raccontati con la fragilità tipica dell’umano.

 

Dall'altra reazioni approvate dal singolo e da una parte omertosa della comunità, per quell'appartenenza ideologica e non umana al sentimento dell'essere possibili carnefici dell'Idea e della Patria.

 

Da questo scontro che parte dalle vicende di “famiglie comuni”, Aramburu, è bravo ad allargare il campo d'azione prima alla comunità dove le due vivono, poi sull'intera Patria.

 

Cosa significa e su quali principi dovrebbe essere fondata la Patria? È il tema dominante di questo sguardo d'autore che accompagna il lettore fin dalle prime righe. Quanto pesa il silenzio omertoso di chi dentro le mura di casa festeggia o piange senza mai prendere posizione all'esterno.

 

Al lettore è chiesta la capacità di abbracciare le vicende narrate con la consapevolezza che gli eventi si sviluppano secondo dinamiche tipiche di una piccola comunità in cui il rancore la fa da padrone al di là di tutto.

 

Il grande merito di Fernando Aramburu è appunto quello di aver saputo raccontare, attraverso il fatto in sé, le lacune sociali, politiche e umane di una comunità lacerata dal fanatismo e dall’ideologia messianica di una terra libera e indipendente dalla Patria. 

 

Una scrittura che passa dalla prima alla terza persona, dal passato al presente con la fluidità e leggerezza di chi, incontrandosi in piazza, chiacchiera dell’attualità e dei vecchi tempi mischiando lingua e linguaggi. 

 

Il basco si mescola nella scrittura come elemento caratterizzante, come lingua unica fra i protagonisti. Tutto passa attraverso la lingua; da essa si stabilisce un confine fra appartenenza e non, fra chi sta dentro e chi fuori. È il fattore discriminante unico. Quando Arantxa si innamora di Guillermo, la prima obiezione di sua madre è "- ma che nome è questo? Non è di certo un nome basco. Parla euskera questo Guillermo?”.

 

Da questo confine dialettico emergono con forza e determinazione l’identità del Popolo basco e dell’ETA. Alla quale tutto è permesso, e forse perdonato, anche quando a morire è un amico o vicino di casa. 

 

La lotta, che solo apparentemente non ammette prigionieri, pone in luce la grande diatriba interna fra chi parteggia per la lotta armata e chi per la nonviolenza.

 

In questo Aramburu è maestro di scrittura. Il confronto, conflitto, fra i due fratelli sulla questione all’appartenenza o meno all’ETA e alla lotta armata, ne è un chiaro esempio.

 

Perché leggere questo romanzo? Perché non può non essere letto. Perché è un libro sulla vita. Perché la scrittura, faticosa all’inizio, nel prosieguo conquista per eleganza, raffinatezza, maestria, leggerezza. Perché non è mai facile trattare certi argomenti senza cadere nel giogo moralistico del giudizio. Perché la storia dell’ETA, appartiene alla memoria storica della Spagna e dell’Europa. Perché un Paese senza memoria è un Paese senza identità.

 

 

 


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