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24/11/24 ore

'Whitelist&Blacklist', sulla soglia dell'ultrasensibile


  • Giovanni Lauricella

La doppia personale di Emanuela Lena e Franco Ottavianelli è il 24° appuntamento del ciclo Ginnosofisti organizzato da Lori Adragna e Enzo Barchi. Whitelist&Blacklist è il titolo di questo evento che le curatrici, Lori Adragna e Maria Arcidiacono, hanno preso dal linguaggio di internet dove indica la possibilità o meno di accesso ai siti web e che, trasposta nel tema della mostra, è da interpretare come l'abilitazione a varcare le soglie dell'ultrasensibile.

 

Emanuela Lena propone tre lavori, di cui uno primeggia per grandezza sulla parete principale della sala che ha in comune con Franco Ottavianelli, caratterizzato dal colore bianco, che è quello del fondo e di ciò che emerge da esso. Sono lunghe lenzuola ben attorcigliate su se stesse tanto da sembrare corde dai numerosi nodi che ne tengono tesa e intrecciata la trama. Emanuela Lena con questo faticosissimo lavoro evoca un’ indagine dell'inconscio proveniente dalle sue esperienze professionali svoltesi a contatto con il disagio psichico e l'emarginazione.

 

Tensioni che riporta su una tavola di legno lavorata a gesso e collante come le lenzuola stesse, rendendo all'insieme una superficie bianca candida dalle efficacissime ombre che i nodi riportano sul fondo. Un gioco materico che sviluppa un bassorilievo dalle molteplici articolazioni che si intersecano come incontri e che contengono anche i numerosi significati possibili.

 

Insieme ad un altro dipinto dalle dimensioni più piccole, anche se meno impattante, l'artista propone una scultura, poggiata a terra e realizzata con lo stesso materiale delle altre opere, rappresentante dei libri anch’essi bianchi, che, come spiega Maria Arcidiacono “congela e immobilizza in un fermo immagine successivo alla consultazione” andando quindi oltre l'oggetto dei libri che vediamo, per invitarci a scrutare la conoscenza e la meditazione. Una rappresentazione intensa, che mi ha riportato alla memoria quella, diversa per materiali ed espressioni, di Mario Mafai in “Corde” (esposta all'Attico di Bruno Sargentini nel 1964).

 

Nel catalogo, lo stesso artista, introducendo il testo di Argan, spiegava così la sequenza di corde e nodi incredibilmente assonante con il lavoro di Emanuela Lena: "ho cercato entro me stesso affidandomi alle corde come alle nervature del mio essere per raggiungere uno spazio, una dimensione nuova, un linguaggio a me necessario".

 

Nella parete vicina all'ingresso troviamo una serie di quadri che portano all'interno nomi di angeli che si alternano incolonnati a quelli di demoni, disposti in maniera tale da formare il quadrato magico, un tipo di rappresentazione cabalistica molto cara a Franco Ottavianelli che usa la geometria in senso Patafisico come Gino De Dominicis.

 

Questa opera è frutto di una performance su una sua installazione, intitolata 'Riparo', realizzata ad Arcevia nel 2010, dove 250 tegole di angeli e demoni formavano una copertura che veniva smantellata da avventori interessati a prendersi la metà del lavoro fatto, come facevano i mezzadri con i padroni terrieri.

 

Gli improvvisati mezzadri, invece di una metà, hanno restituito a Franco solo una quarta parte, come del resto era pratica comune fra i veri mezzadri che un tempo lavoravano la campagna: il risultato di questa spartizione sono le sedici immagini incorniciate ed esposte.

 

L'opera prende spunto dal libro di Umberto Eco 'La vertigine della lista', (Milano, Bompiani, 2009) che tratta il tentativo proprio di tanti artisti e pensatori di “ordinare l'incomprensibile” in una summa filosofica e teoretica dell’universo: questo tema è molto sentito nel mondo dell'arte concettuale ed ha interessato personaggi come Alighiero Boetti nelle famose mappature e ultimamente Andrea Fogli, di cui voglio ricordare la mostra Ogni cosa, tenutasi a VillaTorlonia in questo anno.

 

Altra opera presente di Franco Ottavianelli è il light box “Rosa di Spello” dove vengono illuminate le tracce lasciate dalle spore su un foglio di carta. Infine abbiamo un'altra piccola installazione a terra, data dalla sovrapposizione di lastre litografiche, sovrapposte a dei rotoli sapienziali, come simbolo e testimonianza della cultura che non c'è più e della caducità delle cose del mondo.

 

I lavori esposti dai due artisti sono accomunati da una ricerca spirituale che fa parte del progetto espositivo dei Ginnosofisi, i filosofi nudi incontrati in India dagli antichi greci che così vennero chiamati perché nudi come era d'uso per gli atleti greci. Una mostra veramente da vedere e da meditare. Namasté!

 

 


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