Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

24/11/24 ore

"De camino hacia la verdad", foto dall'Ecuador


  • Giovanni Lauricella

Il progetto “Porte aperte” è la campagna "La mano sporca di Chevron" voluta dal Presidente della Repubblica dell'Ecuador Rafael Correa, immagini che faranno il giro del mondo perché saranno aperte al pubblico le sedi delle ambasciate ecuadoregne dove verranno esposte.

 

Una forma di protesta che trasforma le sedi diplomatiche che dovrebbero essere neutrali in un avamposto di lotta, un' iniziativa culturale che è un terreno di scontro contro gli abusi di un'economia globalizzante che spesso si trasforma in pulizia etnica delle comunità locali.

 

La sequenza di foto intitolate "De camino hacia la verdad" che si vedono nell'ambasciata dell'Ecuador a Roma, è una storia di ordinaria follia a cui è sottoposto un popolo, immagini fotografiche raccapriccianti di un immenso danno ambientale dovuto ad un inquinamento ad opera di una tra le società petrolifere USA di maggiore importanza nel mondo.

 

Se si gira tra le stanze dell'ambasciata si resta sbigottiti di fronte a quello che viene ritratto sulle pareti, tristi scenari di distruzione talmente esagerati che non è facile capacitarsi di come si sia riusciti ad arrivare a così tanto, condizione che dovrebbe preoccupare molte istituzioni e organismi internazionali che si impegnano sul fronte dei diritti umani e dell'equilibrio dell'ecosistema.

 

Foto che lasciano molto da pensare sulle logiche economiche che stanno dietro alla spinta sociale dello sviluppo dei paesi nel mondo che si pensa sia civile, sulle tecnologie industriali, sui sistemi produttivi e sulle politiche di “aiuto” che molte nazioni del primo mondo perpetrano nei confronti di quelle più deboli.

 

Evidente è il fatto che molta politica industriale non procede correttamente come è dimostrato dalle foto dove la popolazione che si trova vicino all'impianto è contaminata mortalmente dalle scorie di petrolio e che molti di loro non avranno scampo da gravi conseguenze per la salute in un territorio così devastato. Ma c'è di più, c'è quello che le foto non possono narrare.

 

Questo tragico inquinamento ha innestato uno scontro giudiziario che non ha precedenti. Volendo considerarla in termini artistici è come se l'opera di Rafael Correa fosse un'installazione concettuale, una mostra fotografica che nell'atto di mostrarla all'interno delle mura diplomatiche crea uno scenario atipico, trasformandosi in evento che svolge un ruolo eccezionale che esula dalle normali attività amministrative che hanno normalmente queste sedi.

 

Evento artistico che è un'accusa, foto scandalo mostrate al pubblico, così da destare il clamore che vede da un lato il popolo dell' Ecuador in qualità di parte lesa e dall'altra la società statunitense Chevron-Texaco in un contenzioso che ha messo in luce numerose anomalie giudiziarie e fondamentalmente la volontà della compagnia statunitense di non pagare le somme di danaro a cui è stata condannata.

 

Come spiegano gli organizzatori - "Dal 1964 al 1992 la società Texaco, assorbita nel 2001 dalla società Chevron si è resa responsabile dei danni ambientali e alla popolazione, contaminando acqua, terreno e aria. Nel 1993, le popolazioni locali si organizzarono creando un Fronte di Difesa dell’Amazzonia per esigere il risarcimento per il danno subito. Così ha avuto inizio una lunga storia giudiziaria che ancora non si è conclusa con un risarcimento, sebbene nel 2011 una Corte Ecuadoriana abbia emesso una sentenza di condanna contro la società petrolifera. La vicenda prosegue ora davanti alla Corte Permanente di Arbitrato dell’Aia di fronte al quale la società ha portato lo Stato Ecuadoriano - estraneo alla vicenda giudiziaria - ma solo parte di un trattato Bilaterale siglato con gli Stati Uniti nel 1993, un anno dopo la conclusione dell’attività della Chevron-Texaco in Ecuador".

 

Da qui l'importanza della mostra, un richiamo alla solidarietà della cittadinanza romana con il popolo dell' Ecuador colpito dall'infame danno e una denuncia internazionale praticando l' evento espositivo dentro le ambasciate ecuadoregne nelle varie capitali del mondo.

 

Una mostra che è anche un monito verso tutte le politiche economiche che gli USA come anche l'Italia e gli altri paesi occidentali praticano a spese dei paesi del sud del mondo. A riguardo le foto della foresta Amazzonica deturpata dall'incoscienza del profitto e dello sfruttamento su una parte del mondo che rivela ancora quella forte bellezza che è la natura della quale non si può fare a meno perché è dal suo stato di salute che dipende tutta quella del pianeta.

 

Una coscienza che pare sia dura ad aversi visto il disastroso inquinamento che riportano le fotografie esposte. La validità della mostra è data anche dalla qualità delle foto, che sono di grande formato e interessanti da vedersi al di là del contenuto drammatico, nonché dell'impegno che hanno avuto gli organizzatori nel rendere l'esposizione possibile in sale non destinate a questo scopo. Porte Aperte – “De camino hacia la verdad”, testimonianza fotografica sul caso Chevron-Texaco in Ecuador è una mostra ma anche una tappa di un percorso di lotta che ci vede impegnati verso la giustizia nel mondo.


Aggiungi commento