Bella, ricca di colori è la mostra di Alma Sauro, Informale polimaterico di arte contemporanea, che si è inaugurata la sera del 12 gennaio a Napoli, al Circolo Artistico Politecnico (a piazza Trieste e Trento ovvero al largo San Ferdinando).
Piacevole serata, iniziata con un breve discorso del presidente Adriano Gaito, che ha orgogliosamente accennato al Circolo e alla sua sede, nel seicentesco palazzo che ospitò anche Viceré di Napoli, per poi osservare come, in questi ultimi tempi, esso abbia accolto soprattutto mostre di valenti artiste donne.
Il critico e storico dell’arte Rosario Pinto, a sua volta, ha ricostruito la storia del Circolo, che nacque nel 1888, quando un giorno, il 22 dicembre, si riunirono, presso la casa del pittore Edoardo Dalbono, gentiluomini e pittori per creare, in piena autonomia, un gruppo culturale.
Si erano accorti che il sogno, che alcuni di loro avevano accarezzato, dell’Unità d’Italia si era infranto appunto a causa del governo sabaudo. E citava la sconosciuta, a noi, Biennale d’arte Borbonica, che da quel governo era stata abolita e mai più sostituita. Ancora oggi, e ancora in piena autonomia, tra la colpevole, a volte, indifferenza delle Istituzioni, il glorioso Circolo Artistico Politecnico offre il luogo materiale e civile dove esprimere la creatività. Soprattutto ai napoletani.
Come Alma Sauro, una piccola, grande donna che - diceva Rosario Pinto - generosamente, senza grette finalità economiche, dipinge i suoi sogni colorati. Alma qui, nella mostra, presenta la sua pittura non figurativa. Ma, in proposito, osserviamo due cose. L’una è che è la Sauro è stata pittrice, e valente pittrice, di opere squisitamente figurative. L’altra è che queste sue opere non figurative forse a torto potrebbero essere definite astratte, perché ci ricordano, tutte, impressioni naturalistiche e naturali mozioni dell’animo.
La piccola (di statura) grande Alma, crea una pittura vitalissima, in cui i colori, puri, rilevati, sovrapposti a rilievi in gesso, prediligendo la linee curve, sembrano muoversi. Definirei così l’arte sua: movimento di colori o colori che si muovono.
Ecco matasse circolari colorate e filamentate che girano, richiamandosi l’un l’altra nel ritmo. Ecco, in quell’angolo lì, un forte, luminoso colore che si nasconde dietro una massa scura, per poi dipanarsi espandendosi in avanti. Un altro quadro, di maggiore formato, si impone alla vista con delle forme particolari: sembrano sventolanti ventagli variamente colorati.
"Sono come panni stesi su un terrazzo al vento"- diceva un visitatore, ammirato da quel senso di libertà che questo quadro pieno di luce gli ispirava. Mentre un altro visitatore osservava le linee ascendenti formati dai colori rilevati su filamenti di gesso e diceva: "Sembrano suggeriti da una meditazione Zen".
Una signora, invece, ammirava soprattutto un quadro monocromo, l’unico di questo genere, che dava l’idea di un corposo panno blu arricciato da mani nervose. Bello. Bella questa mostra il cui piacere avrete pochi giorni per gustarla. Perché sabato venturo già si chiude. Purtroppo.
Adriana Dragoni
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