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24/11/24 ore

Sironi 1885-1961 e Le grandezze dell’arte, le tragedie della storia di Elena Pontiggia


  • Giovanni Lauricella

Enorme presentazione del libro di Elena Pontiggia su Sironi intitolato Le grandezze dell’arte, le tragedie della storia. (edito da Johan & Levi) nella Sala Verdi del Vittoriano da parte di Claudio Strinati, che non ha lesinato il suo scibile riferendo da par suo su un artista di grande valore, che le note implicazioni storiche hanno reso un’inesauribile fonte di revisioni critiche.

 

Da qui la fondamentale importanza del libro di Pontiggia, storica dell’arte e massima esperta di Sironi, che ha finalmente trattato questo artista sulla scorta dei documenti e non basandosi su congetture ideologiche preconcette come quelle che, ormai da lungo tempo, accompagnano il nostro sapere. Ne emerge così un Sironi di una levatura considerevole, dove si tiene conto anche della sua discendenza da famiglia di architetti: cultura, formazione, carattere dell’uomo, tutto suffraga la sua importanza negli allestimenti di manifestazioni artistiche, quali il Decennale della marcia su Roma al Palazzo delle Esposizioni e la Biennale di Venezia.

 

Un libro cruciale, che sana un debito storico verso la nostra cultura che per ragioni ideologiche si trova ad essere tra le più lacunose tra quelle dei paesi più evoluti, un libro che offre anche la soluzione a tante controversie culturali e dottrinali, senza contrapporsi dal punto di vista ideologico, ma argomentando le tesi con quello che sono gli atti, i documenti, le testimonianze scritte dei personaggi del tempo.

 

 

Appare o meglio riappare così un Fascismo caratterizzato da un versante culturale molto importante e consapevole, fonte di paragoni che metterebbero in difficoltà gli attuali mentori della cultura.

 

Strinati nella sua lunga lectio magistralis, che ci ha interessati al punto che l’avremmo ascoltato ancora per lungo tempo, ha messo in campo una serie di argomenti gravi come massi che indicavano un percorso culturale nuovo e complesso, che a scandagliarlo appieno avrebbe dato origine ad un altro libro.

 

Infatti chi non avesse conosciuto Elena Pontiggia avrebbe rischiato di non capire che fosse il presentato e chi il presentatore, tante erano le informazioni che vulcanicamente eruttava Strinati.

 

Un filone storico molto praticato in Gran Bretagna è la storia controfattuale, dove "If" fa capovolgere molti tabù storici. Penso che al Vittoriano Strinati seguisse le stessa linea ed è per questo che era inarrestabile anche se si sforzava di concludere.

 

Mi riferisco al quel capitolo del libro La storia con i se di Alberto ed Elisa Benzoni (ed. Marsilio) che tratta di Adolf Hitler che, se fosse stato ammesso all’Accademia delle Belle Arti, dove si presentò due volte all’esame di ammissione, forse non avrebbe fondato il nazismo e ci avrebbe saremmo risparmiata una guerra disastrosissima.

 

 

Certo è che quando vengono messi in scena intellettuali e artisti, ebrei italiani, che furono anche ideologi del fascismo (alludo a Margherita Sarfatti e al suo cenacolo di pittoriche, per non sembrare troppo filo- ebraico, decide di chiamarsi ‘900 anziché Candelabro, in quanto erano in sette, (tanti quanto i sostegni per le candele della Menorah il candelabro ebraico) e si citano discorsi di Mussolini dove  si sancisce che lo stato non fa cultura ma difende la cultura, ci  si pongono parecchi interrogativi sullo stato attuale della cultura che, pur verniciata di democrazia, procede a senso unico.

 

Da sottolineare la modestia del superfascista Sironi, l’artista preso ad emblema da Mussolini, che prepara da solo tutta la mostra del Decennale della marcia su Roma, che per essere una manifestazione di regime gli avrebbe dovuto comportare ricchi compensi, ma che invece si trovò alla fine ridotto agli stenti e perseguitato dal fisco in quanto inviso alla corrente di Farinacci che spingeva altri artisti di formazione accademica e classicheggiante.

 

Così pure significativa è la partecipazione alla Biennale dove Sironi si rifiuta di avere tutto un padiglione per sé, dicendo che per esprimersi gli bastava affrescare solo una parete… La concezione "socialista" di Sironi metteva il lavoro al centro delle tematiche da raffigurare, nello spirito dell’arte concepita per il popolo e quindi visibile a tutti, consegnata a grandiosi affreschi non a quadri per gallerie o collezionisti. Fu il trionfo della pittura murale di intento educativo, posta a rivestimento e ornamento degli edifici pubblici.

 

Personalmente Sironi non mi piace tanto, e penso che se invece delle cinquemila e più opere ne avesse fatte solo alcune sarebbe stato meglio. Ha praticato un’esecuzione pittorica piena di sfasamenti un po’ come Chagall, in quadri dove trovi macchie che rappresentano piedi o mani, visi e corpi informi che mettono in difficoltà la riconoscibilità dei soggetti.

 

Il suo colore oscuro, in masse volumetriche sconnesse, a formare un’ombra in cui appaiono altre ombre, sembrava voler fare di lui l’artista antifascista, perché non c’è il contenuto e né il lampo del trionfo come nei suoi colleghi fascisti e nella coeva pittura sovietica: Sironi vi esprime tutto il suo travaglio- soffriva di depressione- ed esalta una forma, una visione. Soffriva anche di solitudine, in quanto tipo solitario per disagio e per scelta, tanto morirà un 13 di agosto, e al suo funerale nel pieno ferragosto non verrà nessuno, come a riproporre quei suoi quadri di architetture razionaliste, o fabbriche di periferia vuote di persone, dove meglio si esprime lo straniamento urbano.

 

 

Un’arte amara, dove il dolore di una vita fatta di sacrifici ed abnegazione crea il futuro; se si guardano i pannelli preparatori di affreschi che si vedono nella sala centrale, si incontrano opere che sembrerebbero di Mimmo Paladino, mentre alcune altre opere ad olio le potresti confondere con le deformità di Markus Lüpertz, da poco in questa rubrica recensito.

 

E potresti chiederti: quando è incominciata l’arte contemporanea? Lo stesso vale per le altre opere esposte alla mostra, dove trovi la Scuola Romana, Bacon, l’espressionismo astratto, l’arte dei manifesti pubblicitari, ecc. ecc., ma i paragoni che nell’arte antica sono costanti nell’arte contemporanea sono un tabù (Strinati, aiutaci !) e perciò qui mi fermo.

 

Certo è che, per quanto sia stato legato ad un periodo storico, Sironi si è dimostrato molto più avanti nel tempo. La mostra come il libro sono imperdibili per chiunque voglia accostarsi all’arte contemporanea.

 

Le grandezze dell’arte, le tragedie della storia

di Elena Pontiggia

Sala Verdi del Vittoriano

 

SIRONI 1885 -1961

Complesso del Vittoriano – Roma

a cura di Elena Pontiggia

dal 4-ott-2014 al 8-feb-2015

 

 


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