Al MACRO di Testaccio il romano Giuseppe Ducrot propone grandi sculture eseguite in numerose tecniche quali marmo, resina, terracotta invetriata, con disegni e gradi prove di opere su tela, in una mostra curata da Achille Bonito Oliva.
In uno dei capannoni del dismesso Mattatoio della vecchia Roma (anche se la zona nacque come nuova area industriale creata dopo l’unità d’Italia) in questi giorni trovi tutta la piacevolezza della scultura in un percorso espositivo articolato in quattro sezioni:Genius loci, Committenza, Materia, Vanitas, di cui il Genius loci, il rapporto con la città, e la committenza rivestono il ruolo fondamentale nella sua produzione per S. Maria degli Angeli, la Basilica di San Pietro, la cattedrale di Noto, qui esposti in modelli e bozzetti.
La materia è intesa come vittoria su essa in quanto eseguita con maestria: dall’uso dello scalpello alla modellazione dell’argilla, alla fusione a cera persa per eseguire i bronzi mentre la Vanitas come un invito a riflettere sulla caducità della vita con la serie dei teschi.
L’artista che nel corso della sua carriera ha avuto l’apporto e la formazione dei marmorari, cioè di coloro che lavorano la pietra e che della scultura conoscono i più reconditi segreti, è, in sostanza, un prosecutore di tali conoscenze.
Artista vero, ma con quelle capacità tecniche che lo rende rispetto ad altri artisti che si vedono attualmente nelle mostre, un fuoriclasse. Ducrot è tutto questo.
Non voglio scandalizzarvi ma so che la scultura, specie quella di grandi proporzioni, trova sempre meno esecutori, eccetto una quantità esigua di realizzatori di scultura contemporanea che fanno opere che non hanno attinenza con la tecnica della scultura propriamente detta, cioè quella che per comodità definiamo di genere classica.
Attualmente la ricerca artistica va orientandosi verso sempre più nuovi materiali basandosi sull’annullamento della concezione spaziale e su precarie installazioni che con difficoltà si conservano nel tempo.
Indicativo è il video che si vede in fondo alla grande sala della mostra fatto di Chiara Nano, L'Ultima Nicchia, documentario sulla realizzazione del S. Annibale Maria di Francia, statua monumentale in marmo di Carrara collocata in una nicchia esterna della Basilica di San Pietro in Vaticano, composto di riprese video fatte in 4 anni, tanti quanti durava la lavorazione scultorea fatta tra Roma e Pietrasanta.
Meglio di tante parole e di tante teorie o giudizi il video ti fa rendere conto di che cosa è una scultura di grandi proporzioni.
In pratica è frutto di una totale dedizione ad una vita che al giorno d’oggi è sempre più difficile da accettare: freddo, umidità, polvere, abiti sempre sporchi, fatica nello spostare oggetti pesanti e tanto rischio di farsi male.
Vedere le statue dopo quel video diventa una lezione di vita che stimola a meditare sulle tante maestranze italiane che sempre più rischiano di scomparire.
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