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22/11/24 ore

Amos Gitai: Chronicle of an assassination foretold


  • Giovanni Lauricella

Prendendo spunto dal titolo di un libro del 1981, Crónica de una muerte anunciada, di García Márquez, in questa mostra del regista Amos Gitai a cura di Hou Hanru e Anne Palopoli, si ricorda quando venne assassinato da tre proiettili in quel sabato del 4 novembre 1995 il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, uno dei padri fondatori dello Stato di Israele e premio Nobel per la Pace, che tentò la conciliazione con i Palestinesi.

 

Esposizione che nasce dal film presentato alla mostra del cinema di Venezia, Rabin the Last Day, entrambi realizzati per i vent’anni dalla morte dello statista, che nelle sale del MAXXI vediamo in cinque proiezioni video, tra cui alcuni estratti del film, fotografie e documenti che ne raccontano la realizzazione, e tele e collages di Amos Gitai intesi a sollevare una polemica sulle tensioni religiose. Infatti la morte di Rabin, dovuta non a un terrorista arabo ma a un ebreo ultraortodosso, fa da detonatore a tutta una serie di considerazioni sulla crisi sociale che sta attraversando Israele.

 

La mostra si completa poi con 3 tracce sonore, il suono degli spari dell’assassino tratto dal film Rabin, the last days, Jeanne Moreau che legge The War Of The Sons Of The Lights Against The Sons Of The Darkness tratto da La Guerra Giudaica di Flavio Giuseppe e Hanna Schygulla in Metamorphosis of a melody di Amos Gitai che canta Yet Each Man Kills The Things He Loves da La Ballata del carcere di Reading di Oscar Wilde con musica di Markus and Simon Stockhausen. Chronicle of an Assassination Foretoldè una mostra pensata da Amos Gitai, architetto di formazione, che ha reso il tutto come un’unica installazione site-specific.

 

Una mostra piena di spunti interessanti, fatta tra l’altro da un coraggioso autore, spesso in polemica con il fronte ebreo ortodosso. Secondo la mia visione avrei completato l’itinerario della mostra con dei paralleli storici come ad esempio la morte di Gandhi.

 

Se ci si volesse arrovellare il cervello sulla storia religiosa, si sarebbe potuta includere anche la morte di Cristo, pure questa dovuta a vicissitudini di integralismo religioso. Ponzio Pilato si rimise al giudizio dei farisei, gli ebrei integralisti per l’appunto, lasciando loro decidere se si dovesse o no condannare Gesù Cristo. L’esito era talmente scontato che non ci furono opposizioni al verdetto, rischio dal quale i romani si guardavano benissimo, perché una sommossa per una condanna mancata nei confronti di un infedele non gli sarebbe stata affatto utile per controllare un territorio notoriamente difficile già da allora.

 

Ma accontentiamoci di quello che è esposto: sono contributi culturali che meritano di essere partecipati, come la frase che campeggia nella mostra “Ho sempre pensato che la maggioranza del nostro popolo vuole la pace ed è pronta ad assumersi dei rischi in nome della pace”. (Itzhak Rabin)

 

Amos Gitai: Chronicle of an assassination foretold

un progetto di Amos Gitai

a cura di Hou Hanru

dal 11 marzo 2016 - 5 giugno 2016

MAXXI Roma

 

 


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