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22/11/24 ore

Manzù. Dialoghi sulla spiritualità, con Lucio Fontana


  • Giovanni Lauricella

Il Giubileo della misericordia ha portato a Roma una prevedibile ventata di spiritualità nelle esposizioni d’arte: Manzù. Dialoghi sulla spiritualità, con Lucio Fontana ne è l’ulteriore conferma, ma, sorprendentemente, invece di aprire l’anno giubilare, come ci si poteva aspettare, si svolge dopo che si è concluso.

 

Certo è che due artisti del calibro di Giacomo Manzù e Lucio Fontana avrebbero dato molto dal punto di vista culturale a questo stentato giubileo e il “ritardo” della mostra è un altro episodio di discrepanza che lo ha posto al di sotto delle aspettative, anche se a mio parere gli eventi d’arte non dovrebbero avere nulla a che fare con la religione. (In verità presumo dal tema della mostra che abbia a che fare con il Giubileo, benché dal comunicato stampa non risulti mentre risulta la collaborazione della Santa Sede).

 

L’antifascista e comunista Giacomo Manzù è stato colui che ha servito ben due Papi con la sua arte, prodigandosi prevalentemente in grandi statue quali quelle dei monumentali e ieratici cardinali che vediamo esposte e in quella porta di bronzo del giubileo degli anni ’60 per S. Pietro (porta della morte) che rimarrà emblematica come rappresentazione simbolica dell’ingresso degli ex-scomunicati comunisti nella chiesa. Un vero capolavoro diplomatico di grande importanza storica, un esempio di arte concettuale molto più riuscito della stessa arte concettuale propriamente detta, qui realizzata da un artista tutto sommato abbastanza tradizionale.

 

Per anni considerato un ambasciatore politico dello Stato Vaticano, Manzù per quegli anni si poteva considerare artista della guerra fredda per il ruolo che ha rivestito come personaggio e per la collocazione delle sue opere, il che gli valse un prestigio tuttora ineguagliato. Oggi può essere individuato come artista figurativo, ma a suo tempo faceva storcere il naso dei ben pensanti per le vistose deformazioni o decise semplificazioni praticate nei suoi soggetti: immaginate l’effetto che poteva fare nella provincia italiana del dopoguerra ai fedeli di religione cattolica pregare ai piedi di una statua del Papa realizzata da Giacomo Manzù. Si sta parlando di altri tempi anche se recenti, di un’Italia democristiana che non c’è più, di problematiche talmente superate che restano difficili da immaginare.

 

La tetra cornice macabro-militaresca di Castel Sant’Angelo, fra alabarde, archibugi e piramidi di palle di cannone crea come sempre un effetto di morte incombente alquanto sorprendente per una mostra il cui tema è la spiritualità: atmosfera che è difficile spiegare anche se il bronzo in statue e bassorilievi insieme ad alcuni disegni di Giacomo Manzù riescono a primeggiare grazie all’allestimento. Mi sono sempre chiesto se lasciare aperto Castel Sant’Angelo la sera tardi insieme al “passetto”, quel percorso che lo collega a S. Pietro, con quelle terrazze in alto dalle vedute mozzafiato, fosse una idea più redditizia per le finanze del Ministero dei Beni Culturali, invece di fare tante costose mostre che poco hanno a che vedere con tali ambientazioni, ma meglio lasciar perdere.

 

Ad Ardea, dove abbiamo un suo museo permanente, si possono vedere invece le opere di Lucio Fontana, definito “spazialista” per la rappresentazione volumetrica delle sue opere, ma in questo caso lo recepiamo in un’ ulteriore dimensione, quella spirituale per l’appunto.

 

Lucio Fontana è definito dai critici ben più importante di Manzù e quindi di maggior richiamo ma andarlo a vedere ad Ardea da Roma è perlomeno arduo, a meno che non si disponga di una buona mezza giornata libera. Per chi è curioso di uni insolita mostra su un Lucio Fontana in chiave religiosa, una veste poco conosciuta e poco considerata dagli storici dell’arte a proposito di tale artista, è senza dubbio una meta di tutto riguardo.

 

 

Parimenti ho avuto la stessa sensazione di scoppio ritardato, per la ormai avvenuta chiusura del Giubileo, alla mostra di Andrea Chisesi a Palazzo Velli, anche se di minore importanza. Anche qui uno spreco, perché è stimolante vedere delle opere pop ben fatte e di grande formato che irridono all’icona religiosa, ma una mostra così se fosse stata fatta in tempo avrebbe avuto una maggiore risonanza e un seguito di pubblico garantito.

 

Certo è che a vederla adesso, dopo che si sono viste tante finte madonne e innumerevoli caricature del Papa e del Giubileo, l’efficacia delle immagini di Andrea Chisesi che hanno nel Pop la chiave di lettura principale è notevolmente ridotta. Per chi viene a vedere la mostra che tra l’altro si trova proprio di fronte a S. Egidio, stando nell’argomento, si ha la sensazione di assistere ad un vero e proprio peccato!

 

 

 

Per alleggerire lo spirito suggerisco una visita a Palazzo Poli per vedere “Alla luce di Roma”, la bella mostra di artisti fiamminghi allestita a cura dell’istituto Centrale per la Grafica con la collaborazione della Academia Belgica, una sontuosa lezione sulla luce (realistica e metafisica) del barocco ecclesiastico interpretato da artisti fiamminghi che avevano studiato a Roma per poi importare nelle Fiandre spagnole il nuovo stile figurativo. La mostra è visibile fino al 26 febbraio 2017.

 

Manzù. Dialoghi sulla spiritualità, con Lucio Fontana

Roma, Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo - Ardea

Museo Giacomo Manzù 8 dicembre, 2016 - 5 marzo 2017

 

Andrea Chisesi 4 levels

Palazzo Velli

Piazza S. Egido Trastevere, 7/20 dicembre 2016

 

Alla luce di Roma

Artisti fiamminghi

Istituto Centrale per la Grafica con la collaborazione della Academia Belgica

Palazzo Poli, 7 dicembre 2016 – 26 febbraio 2017

 

 


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