Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

26/12/24 ore

Dal Simbolismo all’Astrazione. Il primo Novecento a Roma nella Collezione Jacorossi al Musia


  • Giovanni Lauricella

Con una mostra di importanti opere pittoriche e scultoree che narra il primo Novecento apre un nuovo spazio espositivo nel cuore della vecchia Roma. Una galleria enorme in un luogo dove le cubature edilizie sono molto avare per l’antica tipologia dei fabbricati. Una zona, quella intorno a Campo de’ Fiori, famosa perché dedicata al divertimentificio cittadino, dove pizzerie, gelaterie e cineserie la fanno da padrone.

 

Un’operazione di riqualificazione del centro urbano che sembrerebbe parte di un progetto degno di un’amministrazione lungimirante. Invece dietro tutto questo ci sono la spregiudicatezza di un imprenditore e le capacità tecniche di un professionista della ristrutturazione: parlo di Ovidio Jacorossi che espone la sua collezione d’arte e l’architetto Carlo Jacoponi, due coraggiosi personaggi che si sono cimentati in questa rischiosissima iniziativa.

 

Il primo Novecento è stato il periodo fondante dell’arte contemporanea che ha visto il sorgere e l’affermarsi delle avanguardie. Un periodo interessante quanto controverso per due grandi guerre mondiali che stravolsero il mondo intero e per il sorgere e la scomparsa di tre travagliati regimi, tra i più sanguinari che la storia conosca, capaci di avvalersi del progresso tecnologico per meglio eliminare la specie umana i cui disastrosi effetti sono strascichi che tutt’ora viviamo.

 

Da tutto questo passato storico abbiamo ereditato quello che nell’arte viene conosciuto come il contemporaneo, di cui personaggi come Ovidio Jacorossi hanno conservato i cimeli, ovviamente i più decorosi, i più preziosi e significativi, come è naturale.

 


 

La mostra di cinquanta opere annovera autori noti – De Carolis, Balla, Martini, a Cagli, Leoncillo, Colla, Afro – e anche i meno conosciuti – Bargellini, Edita Broglio, Di Cocco, i Ferrazzi, Janni,  è curata da Enrico Crispolti e Giulia Tulino, che  intendono cogliere una “deriva storico-critica” – d’eco “situazionista”. Progetto espositivo suffragato da un copioso catalogo della De Luca Editori d’Arte, con saggi critici di Enrico Crispolti e di Giulia Tulino, interventi di Ovidio Jacorossi, Paolo Di Paolo, Marco Lodoli e Giuseppe De Rita.

 

Molto suggestiva è l’opera site-specific nelle Sale di Pompeo, situato sui resti dell’omonimo teatro romano, una video installazione di Studio Azzurro dal titolo “Il Teatro di Pompeo”: un dramma (di 18 minuti) per 4 stanze e 9 schermi, che, mentre ti coinvolge nella quotidianità romana, sviluppa  il dramma dell’assassinio di Giulio Cesare, offrendo alla visita della galleria un valore aggiunto di tipo tecnologico-spettacolare di non poco conto.

 


 

Insomma ci sarebbe tanto da dire sulle opere esposte ma ci limitiamo a dire brevemente quello che è MUSIA: uno spazio espositivo disposto su tre livelli, articolato con vari ambienti e due ingressi, importante sede culturale che nasce in un luogo simbolo della famiglia Jacorossi che agli albori della sua famosa attività imprenditoriale aveva proprio in questa strada, nel 1922, un negozio di carbone.

 

 

Tutto bello ed esaltante, ma ci viene spontanea una riflessione, forse fuorviante. Una nota amara, che non ha niente a che vedere con il lodevole mecenatismo di Jacorossi, una specie di postilla che facciamo per non far dimenticare quello che Roma è adesso.

 

Dopo l’interessante visita in questo nuovo spazio per l’arte contemporanea di significativa fattezza, viene spontaneo pensare a come oggi vive la città. Questo esempio, bello e appassionante, non riesce a farci dire che tutto vada bene. Purtroppo così non è, contrariamente alle intenzioni di tanta brava gente che opera per il benessere di questa città.

 


 

Se le cose non cambieranno MUSIA rischia di essere un’eccellenza non percepita. Da tempo l’immagine di Roma, quello visibile e che comunica con il mondo, sono i servizi che non funzionano, un degrado sempre maggiore, una società incapace di esprimersi e una criminalità che compete a proprio vantaggio con uno stato incapace nel controllo del territorio, problemi che proiettano ombra sulla parte oggi negativa della città.

 


 

Metafora che serve a far capire che tanta eccellenza italiana non può cadere in ombra e che bisogna uscire da questa indecorosa situazione. Il coraggio di Jacorossi è ammirevole e generoso e va sostenuto…

 

 

Dal Simbolismo all’Astrazione

Il primo Novecento a Roma nella Collezione Jacorossi

Musia

Nuovo spazio per l’arte contemporanea

Via dei Chiavari, 7

Roma

 

 

 


Aggiungi commento