Abbiamo per la prima volta a Roma al Complesso del Vittoriano Julien Friedler, artista poliedrico che è anche psicologo filosofo e letterato, con una personale di venti recenti opere in grande formato: dipinti e installazioni evocative di una concezione intima, spirituale, vicina a tradizioni fantastiche come quella dei mascheroni che si possono vedere nella sua terra di origine, in Belgio, per il carnevale.
Parlo soprattutto di quello che mi ha impressionato di più nella mostra, la pittura che più delle installazioni e delle sculture mi ha colpito. Arte di non facile approccio anche se è immediato e violento l’impatto, che la storica dell’arte, curatrice della mostra, Dominique Stella, (ex direttrice di Palazzo Reale a Milano ecc. ecc.), spiega molto bene nel catalogo come affrontare.
Un vero e proprio decalogo di approccio visuale, che riporto tale e quale perché non capita mai di avere a che fare con dichiarazioni chiare e precise, caso raro nell’arte; con piglio determinato sostiene “non si ispira al reale (materiale); è intuitiva e irrazionale; non obbedisce ad alcun canone prestabilito; comporta una parte di bellezza spontanea, a volte crudele, aggressiva e persino inquietante, e in ogni caso soggettiva; a di là della forma, rappresenta una prospettiva del colore, che definisce uno spazio pittorico d’atmosfera, di impressione che trascende la realtà; rappresenta l’emergere di una visione al di là delle apparenze; implica una libertà di azione, è legata al mondo del mistero e della meditazione e viene considerata come l’esplorazione di un subconscio collettivo in cerca di significato; partecipa alla costruzione di una leggenda universale ….“.
Una concezione che confluisce nell’ambito filosofico del Boz, una particolare ricerca sull’interattività di Julien Friedler.
Una rappresentazione che ha avuto, almeno per quanto riguarda la gestualità pittorica, considerando solo l’aspetto formale, illustri predecessori; infatti, i quadri di grande formato che ben scandiscono ritmicamente lo spazio, li ho visti pregni di quel neoimpressionismo tedesco, Markus Lupertzo A.R.Penck, insieme a quella tendenza isolata di transavanguardia italiana di Andrea Vaccaro che uscì dal movimento per fondarne uno suo più incentrato su tematiche umane.
Julien Friedler è per gusti forti come un Neun Wilden, estremo, provocante sino alla tracimazione del senso della pittura.
Viceversa, si esprime anche in un’opera che sembra provenire da un primordiale tempio religioso, nove pilastri con alla sommità delle teste arcaiche in vetro trasparente, La Foresta delle Anime - La Forêt des Âmes(2009-2010), fulcro centrale della mostra, da dove affiora la volontà di una spiritualità collettiva fondata sull’arte.
Una “Umanità nuova”, installazione che da Roma andrà a New York, Bruxelles, Milano, Spoleto, Rivara, e prossimamente sarà esposta anche a Parigi.
Presentato così in breve, forse Julien Friedler è di ardua comprensione, ma una fedele lettura delle sue opere la troverete negli scritti di Dominique Stella, Julien Friedler, pittore degli abissi, che oltre al catalogo ha curato la mostra offendo un allestimento degno di un grande evento.
La mostra Julien Friedler. Behind the world è prodotta dall’Associazione Spirit of Boz for Contemporary Art. Catalogo edito da La Route de la Soie – Éditions, Paris.
Julien Friedler. Behind the world
A cura di Dominique Stella
9 novembre-2 dicembre
Complesso del VittorianoAla Brasini- Roma
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