Rino Barillari, famoso fotografo ancora attivo, che durante 60 anni di carriera ha collezionato un archivio personale di oltre 400.000 fotografie, 163 ricoveri al Pronto Soccorso, 11 costole rotte, 1 coltellata, 76 macchine fotografiche fracassate (alcune delle quali in mostra), è stato celebrato (chiusura proprio il 28 ottobre) in un’ala del MAXXI che altro non è che la parte rimanente della ex-caserma dell’esercito inspiegabilmente rimessa a nuovo. (Intervento architettonico in polemica con Zaha Hadid?)
La mostra, 100 foto “rubate” che emergono dal buio da dei light box, ben allestita e con didascalie chiare e leggibili, inizia dal tema che ha portato Barillari agli allori della fotografia, quel mondo cinematografico degli anni ’50-’60 che sono stati per noi il superamento del tragico trauma della pesante sconfitta della guerra.
Strano a dirsi, ma Roma era la capitale Europea meno danneggiata di tutte, nel senso che non aveva le carcasse degli aerei distrutti da rimuovere come Londra o le facciate dei palazzi crivellati come Parigi, e in pratica era l’unico posto dove gli americani potevano celebrare al meglio la liberazione dell’Europa.
Così comparvero artisti, intellettuali e i famosissimi attori, gli apripista della cultura USA, tra le strade mitiche del centro storico romano quando ancora erano risparmiate dall’invasione borgatara della metropolitana. Attori che dovevamo conoscere solo dalle messe in scena degli schermi ma che dei fotografi rompiscatole restituirono nella loro quotidiana normalità.
Erano chiamati i paparazzi e il più leggendario fu proprio Rino Barillari perché riuscì a immortalare una grande quantità di famosi attori in foto definite scandalistiche per il semplice motivo che non erano state fatte sul set cinematografico. Così, ad esempio, l’occhio micidiale di Barillari ci svela il mitico John Wayne in una bellissima foto in cui quell’avventuroso cowboy vestito di fino passeggia allegramente e spensieratamente per Roma e, nonostante la vistosa eleganza ostentata, appare più simile a un clown che a quell’ eroe del cinema che tutti abbiamo in mente. Foto “controsenso” che ti fanno rivivere momenti magici di via Veneto che hanno fatto lo splendore internazionale di quei tempi.
Foto sulla “Dolce vita” che nessuno oggi più andrebbe a curiosare su un giornale quando tutti i personaggi famosi fanno a gara per offrire i più reconditi dettagli della propria vita sul social network. Un voyeurismotipico della pornografia, il vedo/non vedo delle cretinate personali.
Ma il paradosso del paradosso è che adesso chiunque con le dovute accortezze può avere lo stesso seguito che potevano avere i divi di una volta proprio con il linguaggio del social network, come i Ferragni followers ecc. ecc. Il medium è il ruolo dell’immagine, cambiato come se fossimo ritornati alle origini della scrittura, quando si disegnavano le figure per esprimere i concetti.
Per noi che vediamo immagini di tutto nel nostro smartphone, vedere oggi Barillari che svela con rischiosi scatti i personaggi da lui ritratti procura tenerezza. Ma c'è chi ancora continua in senso caricaturale con Umberto Pizzi, altro grande fotografo, che ha fatto di Dagospia un giornale online di successo.
Ma il Barillari spericolato come un cecchino in campo nemico, non ha esaurito la sua professionalità. Ben oltre al “gossip fotografico”, egli continua imperterrito e sempre avventurosamente a darci una testimonianza di scenari totalmente differenti. Il ’68 nei suoi aspetti più drammatici e crudeli, quello degli scontri con la polizia, della celere con le armi puntate, le occupazioni delle università, le rivolte nelle carceri, con un realismo che non dà adito alle finte messinscene poetiche che molti altri fotografi hanno fatto.
Rino Barillari vede la tragicità di quegli anni: il terrorismo palestinese che fa saltare in aria gli aerei a Fiumicino nel ’73, i morti dei Brigatisti, lo scenario terrificante di via Fani, o un dignitosissimo Enzo Tortora ingiustamente in manette e gli attentati della mafia … tanti aspetti della nostra recente e controversa storia, peraltro rimossi da una coscienza collettiva appiattita da tanta superficialità.
Anche se quest’anno si sono avute centinaia di celebrazioni del ’68, l’anniversario è stato manipolato in uno stile Amarcord felliniano che non spiega nulla, fortunatamente abbiamo le immagini di importanti fotografi come Barillari, la cui eloquenza è più chiarificatrice di un proficuo dibattito che stenta a farsi.
Un obbiettivo attento e rivolto a tutti che non ha trascurato gli umili come il lustrascarpe o aspetti sociali particolari tipo il paternalismo politico che negli anni ’60 offriva i pacchi natalizi ai dipendenti comunali, non mancano inquadrature di grande suggestione di Totò e Pasolini sul set, Alì Agca e foto-ritratto di alcuni dei personaggi che hanno fatto la storia, Barak Obama e altri leader mondiali: insomma una mostra bella quanto interessante che offre lo spunto per una discussione su un passato ancora a noi tanto vicino e che l’intelligenza di quegli scatti fotografici potrebbero aiutarci a capire.
Rino Barillari. The King of Paparazzi
Extra MAXXI
a cura di Martino Crespi, da un’idea di Massimo Spano e Giancarlo Scarchilli
organizzata da Camilla Cormanni per Istituto Luce Cinecittà
Prodotta da Istituto Luce Cinecittà con il contributo della Direzione Generale Cinema del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.
Main partners MasterCard, Champagne Pommery e SIAE
venerdì 12 ottobre 2018 - domenica 28 ottobre 2018
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