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23/11/24 ore

Numen ospita il maestro, di Eugenio Sgaravatti


  • Giovanni Lauricella

Con molto piacere mi trovo ad ammirare una nuova mostra di Eugenio Sgaravatti dove sono esposti i suoi  ultimi quadri, produzione che attendevo con molto interesse.

 

Sono trenta quadri di formato relativamente grande, la cui dimensione massima è di oltre un metro circa, eseguiti con tecnica mista, che accompagnano una piacevole prospettiva dell’ampio salone espositivo di “Numen”, da cui deriva il titolo della mostra, scelto non a caso:  “Numen ospita il maestro”.

 

L’assonanza dello spazio espositivo con le opere del maestro Eugenio Sgaravatti è particolarmente armoniosa, tale da offrirci una visita vivace e allegra. Ovviamente sono le opere esposte che comunicano tale spettacolarità,  proprio perché c’è una freschezza che solo Eugenio Sgaravatti sa dare.

 

Se uno non lo conoscesse, penserebbe che sia un ragazzo a fare questo tipo di composizioni artistiche, non per immaturità, tengo a precisare, ma per un gesto pittorico immediato, “leggero”, limpido e come scaturito da un’ intima felicità, che oso definire “da ragazzo” intendendo il suo tocco come spontanea gestualità, opposta a quella sofferente e provata che distingue molti cupi artisti che sovrastano la scena contemporanea.

 


 

Questo è dovuto al fatto che Eugenio non è un artista che vuole dire con le sue opere temi sociali o contenuti politici. Forse la cosa più straordinaria è che senza volersi porre sul pulpito per un immaginario discorso su un argomento autoreferenziale, frappone tra sé e lo spettatore un‘immagine che offre una contemporaneità molto efficace.

 

La trovi nei colori e nei materiali da come vengono trattati, mentre i supporti stessi che recano il suo segno sanno di quella contemporaneità che esprime appieno il nostro tempo, una narrazione che ci rende partecipi.

 


 

Straordinarietà ancora più incredibile perché espressa nei minimi termini, in quelli più essenziali e semplici, ad ulteriore conferma di quanto sia qualificante quel tratto “giovanile” di cui parlavo. I suoi quadri sono soggetti vivi, anche se nelle masse dei colori o nei suoi contorni non si ravvisa una figura, un personaggio: sono quadri aniconici nel senso più radicale ed estremo.

 

Impronte le definisce Bartolomeo Pietromarchi, ex direttore della Fondazione Adriano Olivetti, curatore del premio Italia arte contemporanea per il museo MAXXI, responsabile del padiglione nazionale alla Biennale d’arte di Venezia del 2013 ed ex direttore del MACRO, museo d’arte contemporanea famoso per la progettazione di Odile Decq prima dell’avventurosa gestione di Giorgio De Finis, conclusasi proprio in questi giorni, cosa che molti salutano con piacere.

 

 

 

Definizione che troviamo nel catalogo in distribuzione presso la mostra che apparteneva a una manifestazione precedente, Lupus in Nebula, avvenuta nello Spazio Mazzini-Plus Art Plus dove sempre Pietromarchi ha scritto che sono “… tracce, impronte, sfumature, umori di ciò che una vita lascia dietro di sé e ne informa il senso”.

 

Sono opere raggruppabili in “generi” diversi, alcuni sono cartoni dai “segni regolari come un mantra” (B.P.) che scandiscono la forma e offrono quello che è l’attuale spazio-tempo. Altri sono acrilici sul legno, supporti in compensato marino, mentre altri ancora sono laminati metallici di alluminio abrasi e scalfiti e poi smaltati a caldo con resina epossidica trasparente in polvere e cotte in forno industriale, stanno come a replicare e ribadire l’identità, l’aderenza con il tecnologico che ci circonda, riproducendo una complessità con un gesto pregno di senso poetico. 

 


 

Insomma, quadri che offrono parecchie suggestioni. Viviana Vannucci, critica d’arte saggista e giornalista dice che a guardare le opere di Eugenio Sgaravatti ci si chiede “… dov’è la Ninfa Egeria …” forse pensando le stesse cose da me sostenute, anche se partendo da punti di vista differenti. Secondo me la risposta è nei titoli, che presumono dei personaggi e delle scene che non si vedono: qui sta tutta l’ironia dell’artista.

 

Comunque sia, per approfondimenti si possono ritirare i cataloghi, uno con la recensione di Bartolomeo Pietromarchi e l’altro con la recensione di Viviana Vannucci, in galleria sino al finissage del 7 gennaio 2020.

 

 

Numen ospita il maestro

di Eugenio Sgaravatti

dal 27 dicembre 2019 al 7 gennaio 2020

Numen 

via Capo d’Africa 9, Roma

 

 


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