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21/11/24 ore

Fondazione Memmo: la Biblioteca del Mondo, la nona edizione della mostra a cura di Marcello Smarrelli



di Giulia Anzani

 

La Fondazione Memmo, nata nel 1990 per iniziativa di Roberto Memmo e da sempre distinta nel panorama artistico (dal 2012, soprattutto contemporaneo) per il livello delle proposte nello spazio espositivo di Palazzo Ruspoli, presenta “La Biblioteca del Mondo”, nona edizione della Conversation Piece a cura di Marcello Smarrelli.

 

Il titolo scelto per questa edizione fa riferimento ad Umberto Eco ed è tratto dall’omonimo documentario del 2022 di Davide Ferrario in cui viene narrato di una biblioteca cosiddetta dell’intellettuale scomparso: un luogo leggendario composto da oltre trentamila volumi, a cui Eco stesso assegnò la funzione di contenitore della memoria dell’umanità. Il proposito della mostra è di restituire la metafora della città di Roma come biblioteca a cielo aperto; l’antico deposito dell’immaginario collettivo e della cultura universale che sempre si rinnova e trova modi per crescere.

 

Inizia infatti su una tra più note strade storiche del centro della città eterna - via del Corso - un percorso che conduce in un’esposizione unica, fatta per trasportare in una dimensione diversa, a tratti onirica, in cui sono raccolte idee, pensieri e riflessioni che lo spettatore porterà con sé anche una volta fuori dalla mostra.

 

Il percorso artistico inizia con MARTELLATE di Marcello Maloberti (1966, Codogno), opere site-specific installate sulla facciata di Palazzo Ruspoli, che conducono direttamente in via di Fontanella Borghese 56b. Nel cortile del palazzo è presente un’altra installazione site-specific, questa volta al neon, dello stesso Maloberti dal titolo CHI MI PROTEGGE DAI TUOI OCCHI. La proposta di entrambi gli interventi, tratti dal libro dell’artista MARTELLATE, è di attivare lo spazio pubblico trasformando una passeggiata nella lettura veloce ma d’impatto delle frasi.

 

All’interno, poi, delle scuderie di Palazzo Ruspoli, sono presenti opere di artisti molto diversi tra loro - come stile, modalità di lavoro e generazione d’appartenenza - che però hanno un comune denominatore: l’oggetto libro inteso però come materiale da costruzione e parte integrante dell’opera stessa. 

 


 

Le opere scelte per questa edizione del ciclo di mostre sono: 

 

Untitled di Ekaterina Panikanova (1975, San Pietroburgo), un’installazione site-specific composta da libri recuperati, legno, ceramica e inchiostro a china in cui gli archetipi dell’inconscio si relazionano e si fondono con le aspettative socioculturali;

 

Equilibrio di Paolo Icaro (1936, Torino), che, con un’edizione di Guerra e Pace di Lev Tolstoj sostenuta da una struttura metallica, rappresenta l’elemento fondamentale nella ricerca dell’artista, ovvero l’articolazione dello spazio. Un incontro-scontro tra passato e futuro, in cui il primo si pone come monito al secondo;

 


 

la serie Greenbook - Indiana, Ohio e Vermont di Kapwani Kiwanga (1978, Hamilton, Canada. Borsista presso l’Accademia di Francia – Villa Medici), ispirata alla guida statunitense per viaggiatori afroamericani Negro Motoris Greenbook pubblicata da Victor Hugo dal 1936 al 1966, libro che per molti anni ha permesso a gruppi di persone nere di viaggiare agevolmente, dimenticato e riportato in luce per raccontare come le differenze razziali precludano l’accessibilità alla conoscenza ai non-bianchi;

 

gli otto still tratti dal video Malka Germania (2021) e The Book of Malka Germania (2021) di Yael Bartana (1970, Israele. Vincitrice del Premio Roma dell’Accademia Tedesca Roma Villa Massimo 23/24). L’impostazione ricalca quella del Talmud, il testo centrale dell’ebraismo rabbinico, e riflette complessità e ambivalenze dell’opera video che indaga il desiderio di redenzione collettiva in un’epoca fortemente caratterizzata dal inquietudini sociali, politiche e religiose;

 


 

L’infinito di Leopardi nella Lingua dei Segni italiana (2018) di Bruna Esposito (1960, Roma), opera video in bianco e nero in cui un’interprete LIS traduce i versi della poesia nella lingua visivo-gestuale e quindi incomprensibile agli udenti, trasmessa da un proiettore posato su una pila di libri posta sul pavimento;

 

la serie brickbat di Claire Fontaine (gruppo artistico fondato a Parigi nel 2004 da Fulvia Carnevale e James Thornhill), che si ispira all’omonimo termine inglese che indica frammenti o interi mattoni che vengono lanciati contro vetrine e finestre, avvolti da fogli di carta contenenti un messaggio. In questo caso i mattoni sono avvolti in copertine di libri di autori che hanno espresso posizioni politiche e filosofiche decisive nell’ultimo sessantennio. Il messaggio si riferisce alla citazione di Carlo Levi: Le parole sono pietre;

 


 

Heimatkunde (2017) di Nicolò Degiorgis (1985, Bolzano), una piccola casa ispirata a quelle dei bambini, costruita con libri e alluminio che invita i fruitori dell’opera a farne esperienza. È basata sulla disciplina omonima impartita nelle scuole elementari di lingua tedesca dell’Alto Adige fino agli anni ’90 per spingere i ragazzi a costruire la propria identità a partire dalla scoperta della storia e della geografia del territorio d’appartenenza;

 

infine Untitled di Francis Offman (1987, Butare, Ruanda) opera site-specific in cui l’artista crea un momenti di conversazione tra un dipinto e una serie di cinque sculture composte da libri sorretti da calibri metallici con uno strato di caffè a nascondere le copertine. L’uso del calibro, in quanto strumento di misura, è preciso per raccontarne le problematicità: Offman racconta che questo è stato lo strumento usato in Ruanda per determinare la differenza etnica tra Tutsi e Hutu, nonché lo strumento che Cesare Lombroso usava per le teorizzazioni sulla fisiognomica.

 


 

Il ciclo di mostre Conversation Piece nasce dalla volontà della Fondazione Memmo, che si offre come cassa di amplificazione attraverso mostre e altre iniziative, di avere un costante riscontro sulla scena dell’arte contemporanea italiana, soprattutto della città di Roma, e con un occhio attento in particolar modo alle attività di accademie e istituti di cultura stranieri. 

 

Il titolo del ciclo si ispira a Gruppo di Famiglia in un interno (Conversation Piece, 1974), film di Luchino Visconti in cui vi è uno spaccato di vita quotidiana che mostra il paradigma del confronto generazionale ma anche dei rapporti di odio e amore che sempre intercorrono tra vecchio e nuovo, antico e moderno. Conversation Piece, inoltre, strizza l’occhio all’omonimo genere pittorico molto diffuso tra XVII e XVIII secolo, caratterizzato da gruppi di persone che, semplicemente, conversavano o erano colti in atteggiamenti di vita familiare.

 

La mostra è accessibile gratuitamente tutti i giorni - ad esclusione del martedì - dalle 11 alle 18, dal 13 dicembre 2023 al 21 aprile 2024. 

 

 


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