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02/05/24 ore

Una sera, il jazz d’estate. Zàkynthos con il trio di Francesco Bruno al Jazz&Image, Parco del Celio



di Antonello Anzani

 

Jazz&Image, Parco del Celio, un sabato di luglio. Serata con il trio di Francesco Bruno che presenta il suo ultimo lavoro: Zàkynthos. Organizzazione Alexanderplatz. Lo spazio attrezzato e ben organizzato per accogliere il programma di Jazz&Image è suggestivo, stretto fra il Colosseo e la vista dei Fori come fondale del palco, il caldo afoso è mitigato da un po’ d’aria.

 

Nonostante a pochi centinaia di metri si tenga il mega concerto rock dei Guns’n’Roses, e sotto il Colosseo si tenga la proiezione di un film, è solo nei momenti di pausa che si sentirà la colonna sonora del film e qualche sporadico suono del concerto.

 

Quando arrivo, i musicisti hanno appena finito il loro sound check. Vedo Francesco Bruno e lo raggiungo. Un veloce saluto e ci sediamo ad uno dei tavoli per scambiare due chiacchiere. Notizie di amici comuni, un aneddoto di quando ci incontrammo la prima e, fino a quel momento, unica volta nella primavera del ’76.

 

Lui mi parla di questo nuovo lavoro: Zàkynthos. “Il linguaggio del jazz non conosce confini geografici e temporali, è il più forte dei venti che conosco. È capace, con la sua forza, di attraversare le culture di tutto il mondo, spazzando via ogni dogma o pregiudizio, rimanendo vivo e rinnovandosi da sempre proprio grazie a questa libertà espressiva che amo e che ha sempre ispirato i miei progetti”. 

 

Questa frase campeggia nelle note di presentazioni. Un’opera che ha come tema i venti: detta così la cosa mi incuriosisce, non pensando ad un manuale della navigazione. 

 

Pochi altri minuti di chiacchiere, e poi viene assorbito dai suoi impegni pre-concerto.

 


 

Io cerco un posto dove potermi godere il concerto ed una cena che risulterà di buona qualità, accompagnata da una birra fresca e dalla visuale perfetta. Una notte dell’Estate Romana ritrovata. Tutto sembra lontano: i lunghi mesi, anni, passati ormai sono dietro le spalle. Il gruppo d’apertura è costituito dai grilli che, instancabili, fanno sentire il loro frinire.

 

Poi Francesco Bruno ci introduce alla musica e ci dà le coordinate di questo viaggio nei venti. La musica è cristallina, il ritmo incalzante. I grilli, a questo punto, tacciono e mi ritrovo ad immaginare che, come i presenti, si siano fatti catturare dai suoni che dal palco ci raggiungo.

 

Andrea Colella (contrabbasso) e Marco Rovinelli (batteria) costruiscono una cornice perfetta alle storie che la chitarra di Francesco ci racconta con la sua voce limpida, gentile ma anche forte e decisa. La sua chitarra si arrampica sui ritmi, sulle armonie e subito arriva il soffiare dei venti evocati, ora impetuosi, ora quieti.

 


 

Vedo le vele gonfie di vascelli che hanno il sapore di grandi avventure. 7 brani per altrettanti venti, distribuiti nel mondo ed una - quella del titolo del progetto - con il nome di un’isola che ha riferimenti letterari poetici e storici che ognuno di noi ha in memoria. Zàkynthos o Zante, in quel punto in cui sulle carte geografiche campeggiava la rosa dei venti e che è l’immaginario punto di partenza o di arrivo, a voi la scelta, di questo viaggio a dorso di vento. 

 

Le composizioni denunciano la passione per la chitarra classica e la chitarra jazz che influenza la scrittura di Bruno e sopratutto Zàkynthos richiama alla mia memoria un suo grande brano scritto per chitarra classica: Fiaba Moresca, che molti ricorderanno. La dimensione del trio permette ai musicisti di far risaltare l’essenziale delle melodie, vero pallino e tratto distintivo di Francesco.

 

L’inno all’estate, che ha impegnato fino a poco prima i grilli, ora è un compito dei musicisti sul palco. Sembra di essere cullati dalle onde di un mare magico, ancora pio, che ora è un mare caraibico, ora l’Egeo. 

 

 

In questo, richiamato sul palco ad impreziosire la sera, Maurizio Gianmarco ed i suoi sax, spingono i racconti in musica ancora più a fondo sul piano delle emozioni. Ed è come se dai flutti emergessero improvvise sirene, il cui canto ammalia.

 

Il finale del primo brano con Giammarco, è la prua di una barca che taglia l’onda e ci sbalza in alto fra spruzzi d’acqua refrigerante. Una calda sera d’Estate Romana, rinfrescata dai venti evocati dalla musica e dalla magia di musicisti formidabili, una sera di nuovi miracoli mentre nel cielo di Roma salgono le note di una musica eterna, in un racconto eterno di umanità e gioia, di fratellanza e sentirsi parte di un mondo che dimentichiamo, a volte, di guardare.

 

Tutto questo racchiuso in un progetto che è anche un cd in distribuzione dal prossimo autunno per AlphaMusic, ma che si può trovare nei concerti che il trio farà e, se vi capita, non fateveli scappare.

 


 

 


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