Il racconto inizia il 31 agosto 1867 a Parigi, quando Charles Baudelaire giace in un letto della clinica del Dott. Duval e là riceve la visita di Auguste Poulet Malassis, editore della sua opera “I Fiori del Male”. Il poeta, ormai in fin di vita (all’età di 46 anni), in lunghi, appassionati monologhi rivive le tormentate tappe della sua vita con Auguste che lo ascolta addolorato e rassegnato, interrompendolo solo di tanto in tanto: la morte del padre, il difficile rapporto con la madre Caroline e il suo rigido patrigno, il generale Aupick, l’irrefrenabile passione per Jeanne Duval (un’affascinante mulatta con la quale condivise eccessi, droghe di vario genere e malattie veneree), il veto di pubblicazione alle sue opere considerate immorali da una società a lui ostile, una società borghese più impegnata nella corsa al denaro e al commercio che nella difesa della cultura (tendenza da Baudelaire profeticamente vista in espansione nei secoli a venire).
In scena al Teatro San Ferdinando “Il Compleanno di Baudelaire”, è sembrato davvero uno spettacolo “di qualità”, originale ed intenso, tratto dal testo omonimo di Luca Cedrola, diretto da Bruno Garofalo, interpretato da Giuseppe Zeno, M. Murano, C. Cardella, F. Viglietti, L. Giulivo (musiche di P. Coletta, costumi di M. Nicotra, immagini videografiche di Claudio Garofalo).
Ascoltando il racconto delle drammatiche vicende della sua vita vengono in mente i versi “Ses ailes de géant l’empêchent de marcher” (le sue ali di gigante gli impediscono di camminare), tratti dalla sua poesia “L’albatro” in cui il poeta è paragonato ad un grande albatro che appare meraviglioso solo in volo, ma goffo e brutto, schernito dai marinai, se imprigionato sulla terra. Così appare Baudelaire, intrappolato nel fango terreno e incompreso dai contemporanei, eppure capace di librarsi in alto e trasformare i terreni “fiori del male” in immortali poesie.
Lo spettacolo coinvolge anche per la magistrale interpretazione di Giuseppe Zeno che si cala nei panni del poeta in modo molto realistico e appassionato: ad un ritmo serrato e incalzante, quasi trattenendo il respiro nello scorrere senza sosta di un fiume di parole e profondi concetti su arte, amore, vita e morte, egli ci fa rivivere i drammi di Baudelaire, mentre le bianche pareti della scena all’improvviso si aprono ad immensi e quieti spazi della Parigi dell’epoca e come per incanto appaiono strade, cimiteri, personaggi evocati dalla memoria (uso di immagini videografiche).
Nelle note di regia di B. Garofalo si legge: - “Oggi andare a Teatro ed essere costretti ancora a pensare, riflettere, ragionare, sembra un impegno ormai troppo gravoso, quella goccia che potrebbe far debordare dal vaso...Solo il mio malsano “spirito di contraddizione”, di rivalsa sull’appiattimento delle trame culturali che fino a qualche anno fa ci hanno governati, mi ha spinto a leggere un libro bellissimo, semplice ma ricco di amore e di sapori, come quello scritto da L. Cedrola, intitolato “Il Compleanno di Charles Baudelaire” con una prospettiva attiva nel viverlo intensamente, profondamente, di immaginarne i contenuti, guardarlo scorrere come in un film. Ho visto davanti ai miei occhi prendere corpo, carne e sangue la figura grande, struggente, disperata di Charles Baudelaire... mi è piaciuto inventarmi affinità e condivisioni… da qui ad immaginarlo in scena, su di un palcoscenico, avvolto dalle polveri sacre, dalle luci, dalla musica… ho pensato, forse presuntuosamente, di farne un opera Teatrale…Scommessa azzardata? Invendibile? Poco “commerciale”? Si! Vivaddio! Un gesto di amore per la parola detta da un Attore, in quel rituale antico, prezioso, nobile, che il Teatro è stato per millenni. Un atto d'amore per il Teatro fatto senza calcolo, senza convenienze, per amore… solo per amore, tutto qui” -.
Uno spettacolo da vedere anche perché è stata una occasione per rivisitare con piacere il Teatro San Ferdinando. Costruito alla fine del Settecento (su progetto di Camillo Lionti) e aperto secondo Benedetto Croce nel 1790, fu inizialmente teatro lirico e in seguito teatro di prosa: alternando periodi di splendore a periodi di decadenza, bombardato nel 1943, rinacque dalle sue ceneri grazie ad Eduardo De Filippo che lo rilevò nel 1948 e, dopo un costoso lavoro di restauro, fu riaperto 1954. Chiuso di nuovo negli anni '80, di nuovo restaurato, il San Ferdinando riaprì i battenti il 1 ottobre 2007 con "La tempesta" di William Shakespeare, nella versione tradotta da Eduardo De Filippo. Ora insieme al Teatro Mercadante fa parte del “Teatro Stabile di Napoli” e si spera che continui la sua "vocazione eduardiana".
Giovanna D’Arbitrio