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14/05/24 ore

Usa, uccise un diciassettenne nero: Zimmerman assolto


  • Livio Rotondo

È stato assolto George Zimmerman, il vigilante che il 26 febbraio del 2012 a Sanford (Usa) aveva sparato, uccidendolo,  all’afroamericano diciassettenne Trayvon Martin, disarmato ma con un cappuccio in testa. L’episodio aveva mobilitato largamente l’opinione pubblica americana e numerose erano state le proteste nelle principali città, soprannominate “million hoodie march” - la marcia dei milioni di cappucci - per evocare platealmente il tragico avvenimento.

 

Il giudice ha assolto con formula piena Zimmerman alla fine di un processo seguito in tv da milioni di persone: “Lei non ha più nulla a che vedere con questa Corte - ha dichiarato il togato - è libero, può andare”, nonostante il governo Usa abbia fatto sapere che sta valutando se aprire un procedimento federale a carico dell’uomo.

 

La sentenza di assoluzione dell’ex vigilante è stata pronunciata da una giuria di sei giudici, tutti bianchi tranne uno, dopo 15 ore di Camera di consiglio in isolamento. 56 sono stati i testimoni ascoltati ma nessuno di loro avrebbe visto l’accaduto distintamente, permettendo alla difesa di far valere la testimonianza di Zimmerman che aveva affermato di essere stato colpito dal ragazzo con un pugno, andando a sbattere contro il marciapiede e che avrebbe poi reagito aprendo il fuoco per legittima difesa.

 

E’ stato accertato però che Trayvon non aveva addosso armi. Dopo oltre un anno e mezzo, all’indomani del verdetto, decine di migliaia di persone di diverse età ed etnie sono scese ancora nelle piazze e nelle strade a New York, Washington, Tampa, Philadelphia, San Francisco, Los Angeles, Chicago per protestare contro una sentenza che ha il sapore dell’autoassoluzione di un paese intero dall’accusa di razzismo.

 

Nei cortei, quasi sempre pacifici, si sono intonati slogan come “In questo paese c’è giustizia solo per i bianchi”: “Who is guilty? All system is guilty” – Chi è colpevole. Tutto il sistema è colpevole-  recitano i cartelli. A Los Angeles sette persone sono state arrestate per aver lanciato sassi contro le forze dell’ordine, mentre a Oakland, in California, sono state bruciate bandiere degli Stati Uniti.

 

Il Presidente Barack Obama, per raffreddare i toni delle proteste, è intervenuto affermando che la morte del giovane è stata sì una tragedia per l’intera America, ma ha ricordato che una giuria si è pronunciata e ha invitato ad una calma riflessione “...per chiedere ora a noi stessi se stiamo facendo tutto il possibile per aumentare la comprensione reciproca all’interno della nostra comunità…e per fermare la violenza delle armi che provoca numerose vittime in tutto il Paese, giorno dopo giorno”.


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