Nel secondo giorno della XII Assemblea Plenaria che vede riuniti - tra il 20 e il 28 novembre - i 122 Paesi membri della Corte penale internazionale, si è riaccesa la tensione fra gli Stati Africani e la Cpi per le accuse di crimini contro l’umanità che ricadono sul presidente kenyano Uhuru Kenyatta e sul suo vice William Ruto.
I fatti in cui sono coinvolti coincidono con le gravi violenze che sono state commesse in Kenya nel 2008, in seguito alle elezioni e che hanno portato alla morte di 1100 persone e alla fuga di oltre 600 mila dalle proprie case, molti di loro vivono tutt’oggi in campi tendati.
Gli Stati Africani nei giorni scorsi si sono appellati all’articolo 16 dello Statuto di Roma chiedendo per 12 mesi la sospensione della giurisdizionale della Corte nei loro confronti. L’ulteriore irrigidimento dei Paesi africani nei confronti della Cpi è strettamente connesso a precedenti contrasti dovuti alle condanne che altri leader africani hanno subito da parte dello stesso organo.
Altre indagini da parte della Corte Penale internazionale hanno infatti riguardato Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Darfur (Sudan), Libia, Costa d’Avorio e Mali. Si è sviluppata in questo modo la concezione per la quale la Corte ha un’ingerenza eccessiva nei confronti degli Stati Africani.
Eppure, come è noto, la giurisdizione dell’Aia che è competente per i casi di genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e aggressione, è complementare rispetto a quella dei giudici nazionali e può essere esercitata soltanto quando gli organismi nazionali non siano in grado di portare avanti le indagini o eseguire i processi.
La Corte penale internazionale non può procedere nei confronti di cittadini di Stati che non aderiscono allo Statuto di Roma o per i casi che si verifichino sul territorio di questi stessi a meno che non siano loro ad adire il suo intervento.
Se gli Stati Africani venissero meno allo Statuto di Roma ne conseguirebbe un rischioso contraccolpo per l’autorità del Tribunale responsabile per l’intervento contro i più gravi crimini compiuti a livello internazionale. Bisogna infatti tener presente che ben 34 dei 122 Stati che adottano la giurisdizione della Corte sono africani. Inoltre essi hanno avuto un ruolo chiave nella costituzione di quest’organo nel 1998.
La Cpi esprime, col suo operato, la comune determinazione degli Stati che ne fanno parte a porre fine all’impunità di responsabili di crimini disumani e rappresenta la sintesi dei principi che costituiscono una conquista storica per la comunità internazionale.
Al fine di superare le criticità manifestatesi nuovamente nei rapporti fra gli Stati Africani e la giurisdizione della Corte dell’Aia, il Ministro degli esteri Emma Bonino ha rimarcato nei giorni scorsi l’importanza di ascoltare le istanze dei Paesi africani e di cooperare con essi per arrivare a delle soluzioni condivise.
"La Corte penale internazionale ha bisogno dell'Africa, così come l'Africa ha bisogno della Corte per assicurare alla giustizia i responsabili dei più gravi crimini commessi in questo continente (…) Dobbiamo essere, e lo siamo, disposti ad ascoltare, discutere e trovare soluzioni per mantenere la fiducia degli Stati africani".
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