Saranno stati i novelli coffe shops americani e l'esempio dell'Uruguay di Pepe Mujica, o semplicemente si saranno fatti i conti col fallimento su tutti i fronti di una politica ciecamente proibizionista: fatto sta che, anche in Italia, seppur con l'abituale ritardo, è approdato il dibattito sulla depenalizzazione della marijuana.
Una discussione che ha preso il via con una nota di stupore, dal momento che a dare il là al (piccolo) coro dell' “erba libera” è stata la voce dell'assessore lombardo Gianni Fava, tra le file di quella Lega Nord storicamente in prima linea contro la legalizzazione delle droghe leggere.
Tant'é che il nuovo segretario della Lega Matteo Salvini ha tenuto subito a precisare che se una battaglia per legalizzare qualcosa verrà fatta, “sarà semmai per la prostituzione”: il Carroccio, sia chiaro, non ha alcuna intenzione di battersi per “legalizzare le droghe, leggere o pesanti che siano”.
Ma il sasso è stato oramai lanciato e nello stagno del dibattito sulla legislazione italiana in materia hanno inziato ad emergere concentricamente le posizioni delle varie correnti politiche.
Accertato l'usuale arroccamento sul 'no alla liberalizzazione' di Forza Italia - che per bocca di Maurizio Gasparri ha definito “folle” l'idea - e del Nuovo centro destra di Alfano (“Case chiuse, droghe aperte...ma dove stiamo andando” si chiede un indignato Stefano Carugo, consigliere lombardo dell'Ncd), la sinistra di Nichi Vendola, leader di Sel, prende la palla al balzo e chiede una liberalizzazione a tutto spiano contro “una legge sbagliata e feroce” - la Fini-Giovanardi - che rappresenta “la manna dal cielo per i narcotrafficanti”.
Matteo Renzi sembra invece voler frenare subito i facili entusiasmi: “Questa partita è iniziata perchè un assessore regionale della Lega ha proposto lo stop al proibizionismo – ha spiegato il sindaco di Firenze – è una cosa schizofrenica, perchè proprio la Lega votò la Fini-Giovanardi che ha cancellato la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti: prima cambiamo questa leggiaccia, andiamo con ordine”. Una posizione, quella del segretario del Pd, che – sottolinea – è quella del partito.
Ma intanto il senatore democratico Luigi Manconi, presidente della commissione parlamentare per i diritti umani, ha approfittato dei timidi accenni di discussione in merito per presentare a palazzo Madama un disegno di legge in materia di coltivazione e cessione della cannabis indica e dei suoi derivati.
“Persino in Italia – spiega Manconi soffermandosi sull'inutilità della battaglia proibizionista finora condotta a livello globale – cominciano a manifestarsi i primi timidi segnali di un ravvedimento: a questa riflessione intendo contribuire con un disegno di legge che prevede innanzitutto la non punibilità della coltivazione per uso personale di marijuana e della cessione di piccoli quantitativi dei derivati della cannabis finalizzata all'immediato consumo personale”.
“Si prevede poi – continua il senatore Pd – il ripristino della distinzione del trattamento sanzionatorio tra droghe leggere e droghe pesanti, con una riduzione delle pene per le prime, fino alla completa cancellazione delle sanzioni amministrative per i consumatori dei derivati della cannabis”.
La legge attuale, in sostanza, va totalmente abrogata e proprio per questo motivo i radicali di Marco Pannella, da sempre in prima linea nelle file degli antiproibizionisti, hanno deciso di raccogliere le firme per un nuovo referendum popolare che si propone soprattutto di eliminare il carcere per i fatti di lieve entità.
“Depenalizzando la coltivazione domestiva di cannabis e il possesso di quantità medie di droghe – spiega l'ex senatore Marco Perduca - svuoteremmo le carceri”. Il 30 settembre 2013, infatti, su circa 64 mila detenuti erano circa 25 mila quelli finiti dietro le sbarre per la violazione delle legge Fini-Giovanardi e, visto che quest'ultima equipara tutti gli stupefacenti, è impossibile fare un distinguo tra chi è stato condannato per spaccio di cannabis e chi per quello di altre sostanze.
“A spanne, però – sottolinea il radicale – possiamo ipotizzare che oltre un terzo (ossia 9 mila persone, soprattutto stranieri) uscirebbe subito se la marijuana fosse legalizzata. La situazione delle carceri migliorerebbe strutturalmente”.
E, a conti fatti, se a ciò si aggiunge la mazzata al giro d'affari della criminalità organizzata che la depenalizzazione contribuirebbe a dare e il guadagno del governo con la tassazione della cannabis e con l'abbattimento dei costi delle misure repressive, il risultato potrebbe essere, per tutti, più che soddisfacente.
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