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23/12/24 ore

Sakineh libera: l'amnistia la salva dalla lapidazione



‘E stata scarcerata per la sua buona condotta e perché la nostra religione ha misericordia nei confronti delle donne”. La lei in questione è la tristemente famosa Sakineh Mohammadi-Ashtiani, condannata nel 2006 alla lapidazione per adulterio, sotto il governo del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad.

 

L’annuncio della scarcerazione della donna, tornata libera dopo otto anni di carcere grazie a un’amnistia - e non alla misericordia di un Dio - , è stato dato dal Segretario Generale del Consiglio Superiore iraniano per i diritti umani, Mahamad Javad Larijani, durante una conferenza stampa.

 

Il provvedimento di clemenza, ha spiegato il legale che ha patrocinato il caso di Sakineh al Parlamento Europeo, “è stato adottato in coincidenza con l’anno nuovo secondo il calendario iraniano (che sarebbe il 1393esimo dall’emigrazione di Maometto dalla Mecca alla Medina), ma non sono in pochi ad aver sottolineato che la decisione dei giudici è stata presa proprio nel giorno in cui sono ripresi i negoziati tra Iran e Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Russia e Cina sul dossier nucleare iraniano.

 

Comunque sia, il rilascio della donna sembra essere oramai definitivo, nonostante si attenda ancora la prova dei fatti. Sakineh, 47 anni e due figli, era stata accusata di adulterio nel 2005, punita con novantanove frustate e condannata a morte per lapidazione nel 2006, a seguito di un’altra accusa che la voleva complice dell’amante nell’omicidio del marito.

 

Grazie a una mobilitazione internazionale senza precedenti, un tribunale iraniano aveva deciso di rinviare l’esecuzione della sentenza, per poi stabilire che questa sarebbe stata tramutata in impiccagione; nel 2010, invece, la pena viene sospesa ma la tv di stato iraniana mostra manda in onda un video in cui la donna confessa l’adulterio e la sua partecipazione all’uccisione del coniuge.

 

Ma il figlio di Sakineh, Sajad Qaderzadeh, con il sostegno delle organizzazioni umanitarie, continua a sostenere la tesi che la confessione della donna – e le atre 2 che poi seguirono – furono estorte con la forza: ogni giorno – aggiunse il figlio – alla madre veniva detto che sarebbe stata giustiziata l’indomani. Solo nel 2012 i giudici scelgono di tramutare la pena in 10 anni di carcere.

 

Con grande soddisfazione della comunità internazionale e delle innumerevoli associazioni che si sono occupate del caso in questi anni, nonostante il portavoce della magistratura iraniana abbia precisato che le pressioni dei governi e delle organizzazioni estere non hanno avuto alcuna influenza sulla decisione della liberazione, non tanto quanto il “perdono della famiglia della vittima”.


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