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26/12/24 ore

La memoria è un diritto umano. Il Centro di documentazione Elisabetta Campus



Il 10 novembre scorso a Perugia è stato inaugurato il Centro di documentazione per i diritti umani della Circoscrizione Umbria e del gruppo 45 di Amnesty International intitolato ad Elisabetta Campus, perugina, attivista e dirigente nazionale di questa ONG. prematuramente scomparsa un anno fa.

 

È stato possibile realizzare il Centro a seguito di una recente convenzione con il Comune di Perugia con il quale è stato stabilito il deposito presso i locali della Biblioteca Comunale San Matteo degli Armeni.

 

La realizzazione del Centro si inserisce all’interno di un progetto nazionale di Amnesty di recupero dei propri archivi per essere poi messo a disposizione di tutti coloro che vogliono approfondire l’attività di un’associazione che molto ha fatto e continua a fare in Italia, fin dalla fine degli anni Settanta, per i diritti umani nel mondo.

 

L’archivio della Circoscrizione Umbria e del gruppo di Perugia di Amnesty International documenta l’attività dell’associazione fin dai primi passi mossi nel 1979 fino al 2009; all’interno del fondo archivistico dedicato ad Amnesty International in Umbria è aggregato anche l’archivio di Elisabetta Campus che testimonia il suo impegno nell’associazione per la difesa dei diritti umani sia a livello locale che nazionale.

 

Di tutto il materiale archivistico è stata avviata, tramite la Sovrintendenza archivistica dell’Umbria e delle Marche, la procedura di accertamento di interesse storico particolarmente importante.

 

L’archivio, relativamente piccolo è di straordinario interesse: i registri con i verbali delle riunioni, la corrispondenza che l’associazione ha tenuto con decine e decine di enti e gruppi, le copie delle petizioni e le analisi sullo stato dei diritti umani nel mondo fanno di questo archivio un unicum.

 

Sfogliare l’elenco di consistenza che ho realizzato sollecita la possibilità di avviare molte ricerche in modo interdisciplinare: per esempio dall’approfondimento su singoli casi, utili all’interno di un progetto di studio di geopolitica, alle dinamiche interne ad un’organizzazione, con l’intreccio con le realtà territoriali.

 

 

Invece l’archivio aggregato che ci ha lasciato Elisabetta Campus è costituito dalla documentazione rintracciata presso la sua residenza negli scaffali e all’interno di un suo personal computer. Grazie alla sensibilità dei suoi familiari questo materiale è ora a disposizione degli utenti della biblioteca. Si tratta di un piccolissimo archivio cartaceo e di un abbondante archivio digitale. Per quanto riguarda le carte, quello che mi ha colpito è un corposo fascicolo con i rapporti internazionali sullo stato dei prigionieri a Guantanamo e sulla violazione dei diritti umani negli Stati Uniti d’America e i piani strategici della sezione italiana.

 

Ma ancora più sorprendente è il materiale digitale – ampio e di notevole interesse, ora conservato in un DVD  – composto da 2186 file e da 262 cartelle.

 

Elisabetta aveva conservato e organizzato centinaia di files in cartelle divise per argomenti relativi all’attività di Amnesty, a livello internazionale e nazionale, da 2008 al 2014.

 

Sorprende l’efficacia e la cura con la quale aveva realizzato questo archivio telematico: nella loro divisione gerarchica e nel loro nome, le cartelle risultano particolarmente efficaci per una consultazione pronta ed immediata. Il complesso bibliografico lasciato presso la stessa residenza completa questo intenso giacimento culturale sui diritti umani.

 

Anche attraverso il suo archivio riusciamo a capire come Elisabetta mostrasse la serietà, l’impegno e l’affetto con il quale teneva alla sua attività in Amnesty.

 

Attivista fin dagli anni Ottanta acquisì subito un ruolo nel gruppo di Perugia e nella Circoscrizione Umbria di Amnesty e successivamente nel Coordinamento Nord America.

 

Collaborò con il coordinamento minori per quanto riguarda le condanne a morte dei minorenni negli USA ma il suo impegno aveva anche un risvolto personale: studiava e ricercava la spiritualità dei nativi americani, in particolare i Lakota, con i quali aveva instaurato uno stretto rapporto. Quasi ogni anno andava, con regolarità, presso le loro riserve a condividere esperienze spirituali.

 

Elisabetta era persona gentile ed affettuosa, sapeva essere presente con gli amici, a volte quando meno te lo aspetti, segno di una attenzione profonda.

 

La sua impostazione nonviolenta la portava sempre a cercare soluzioni e non divisioni. Ho avuto modo di verificare in tante occasioni la sua larga competenza in materia di diritto internazionale sui diritti umani. Aveva la capacità di farsi in fretta un’idea e prospettare soluzioni  Sempre pronta, era ferma nelle sue convinzioni, ma sapeva ascoltare e dialogare.

 

 

Non alzava mai la voce, era sempre sommessa e si scherniva quando la presentavo dicendo che era una dirigente nazionale di Amnesty.

 

La sua sensibilità e amicizia la portarono ad attivarsi per promuovere alcune mie ricerche sulla storia dei diritti umani in Italia e in un periodo di mia difficoltà personale mi è stata molto vicino con affetto ed attenzione.

 

La sua sensibilità verso il mondo la portò a maturare anche una sofferenza profonda e lacerante che la condusse più di un anno fa ad un atto estremo violento verso se stessa lasciandoci un vuoto incolmabile.

 

Andrea Maori

 

 


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