L’effetto è quello del domino: un tassello si abbatte sull’altro, che a sua volta cade su un altro ancora. Sta accadendo alla tanto discussa Legge 40 sulla procreazione assistita, demolita pezzo dopo pezzo dalle sentenze dei giudici.
Così qualche mese fa la Corte Costituzionale si era pronunciata bocciano la Legge 40 nella parte in cui non consentiva il ricorso alle tecniche di procreazione assistita a quelle coppie fertili portatrici di malattie genetiche, e ciò «al fine esclusivo della previa individuazione di embrioni cui non risulti trasmessa la malattia del genitore comportante il pericolo di rilevanti anomalie o malformazioni (se non la morte precoce) del nascituro» proprio per il «criterio normativo di gravità» previsto dalla legge 194 sull’aborto.
Per effetto di quella decisione, si legge nella nuova sentenza n.299 «quanto è divenuto così illecito non può, per il principio di non contraddizione essere più attratto nella sfera del penalmente rilevante». È quindi, «in questi esatti termini e limiti» la Consulta ha stabilito che non è reato – così come invece previsto dalla Legge 40 - la selezione nei casi in cui sia esclusivamente finalizzata ad evitare l’impianto di embrioni affetti da gravi malattie trasmissibili.
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