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16/11/24 ore

I diritti umani violati in Iran: #‎DiteloaRouhani‬



 

Nel week end prossimo il Presidente dell’Iran, Hassan Rouhani, verrà in Italia. Ha scelto Roma come prima capitale europea da visitare, indicando nell’Italia la “porta d’ingresso” verso l’Occidente. Il viaggio segue l’inizio del “disgelo” nelle relazioni deciso anche dagli acerrimi nemici degli ayatollah persiani, ovvero gli Stati Uniti. L’Iran vuole aprirsi così al mondo e il mondo tende la mano, anche a seguito delle contingenze tragiche dovute al comune nemico Isis, che fanno chiudere gli occhi sulla situazione interna al paese islamico. 

 

Nel cosiddetto “Stato Canaglia” si è infatti ben lungi - E questo nonostante l'ascesa del "riformista" - da quel minimo rispetto dei diritti umani e civili universalmente riconosciuti al centro di ogni incontro e intesa con rappresentanti iraniani. In proposito sono molte e variegate le violazione del regime khomeinista. In una appello, #‎DiteloaRouhani‬ al presidente Sergio Mattarella e al Premier, MovingRights4Iran le ha elencate, denunciando in queste, ore una volta di più,:

 

- “l’allarmante uso della ‎penadimorte in Iran, applicata anche nei confronti di imputati minorenni, in aperta violazione di patti e convenzioni internazionali che l’Iran ha ratificato;

- la ‪discriminazione‬ delle minoranze religiose all’interno Repubblica Islamica, con particolare riferimento alle sofferenze dei Baha’i e dei cristiani;

- la ‪‎persecuzione‬ delle minoranze sessuali in Iran, dove l’omosessualità è punita anche con la pena capitale;

- la costante invocazione alla ‪distruzione‬ dello Stato di Israele e il negazionismo della Shoa, promossi soprattutto dalla Guida Suprema Khamenei;

- il ‪‎sostegno‬ al ‪‎regime‬ di Bashar al Assad, responsabile delle brutali repressioni contro la popolazione siriana, causa diretta dell’esodo di massa di migliaia di civili dalle loro abitazioni;

- gli arresti di attivisti per i‪ diritti umani‬ e oppositori politici di cui va chiesta la immediata liberazione, a partire dalla coraggiosa ‪‎Narges Mohammadi‬;

- la discriminazione legale nei confronti della ‪‎donna nella Repubblica Islamica, dove la sua testimonianza in un processo e la sua stessa vita in caso di assassinio valgono giuridicamente metà di quella dell’uomo."

 

Dal canto suo, Nessuno tocchi Caino, in una lettera aperta indirizzata ai massimi rappresentanti dello stato italiano, ha stilato una sorta di "promemoria" in vista della visita illustre.

 

Nonostante l’ottimismo iniziale – denuncia l’associazione radicale – “l’avvento del nuovo Governo non ha cambiato il suo approccio per quanto riguarda l’applicazione della pena di morte; anzi, il tasso di esecuzioni è nettamente aumentato: circa 2.000 prigionieri sono stati giustiziati in Iran dall’inizio della presidenza di Rouhani nel giugno 2013 ad oggi. Nel solo anno in corso, al 1° ottobre, sono state compiute almeno 835 esecuzioni, un numero record mai registrato finora e un ritmo che, se resterà tale, porterà a più di mille esecuzioni quest’anno.

 

Il dato più preoccupante è che almeno 546 esecuzioni sono state effettuate quest’anno per reati di droga, il che corrisponde a circa l’89% del totale mondiale per questo tipo di reati, se si escludono quelle compiute in Cina, il cui numero è sconosciuto ma sicuramente inferiore di gran lunga al dato iraniano.

 

La Repubblica Islamica detiene il numero più alto delle esecuzioni di minorenni, che sono raddoppiate nel 2014 (almeno 17) e sono continuate nel 2015 (almeno 4), fatto che pone l’Iran in aperta violazione della Convenzione sui Diritti del Fanciullo e del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici che pure ha ratificato. Le impiccagioni di appartenenti alle minoranze etniche e religiose per fatti non violenti o di natura essenzialmente politica si sono intensificate nel 2014 (almeno 32) e nei primi mesi del 2015 (almeno altre 16). Ma è probabile che molti altri giustiziati per reati comuni o per “terrorismo” fossero in realtà oppositori politici, in particolare appartenenti alle varie minoranze etniche iraniane, tra cui azeri, curdi, baluci e ahwazi. Accusati di essere mohareb, cioè nemici di Allah, gli arrestati sono di solito sottoposti a un processo rapido e severo che si risolve spesso con la pena di morte.

 

Le esecuzioni per motivi politici ordinate dalla Repubblica Islamica guidata da Hassan Rouhani – prosegue nella lettera NTC - sono l’ultimo capitolo di una storia iniziata nell’estate 1988 quando, in seguito a una fatwa di Khomeini, sono stati impiccati oltre 30.000 prigionieri politici, in massima parte simpatizzanti dei Mojahedin del Popolo Iraniano (PMOI), accusati di essere “nemici di Allah”. Mentre molte organizzazioni per la difesa dei diritti umani lo hanno definito un crimine contro l’umanità, molti dei responsabili di quel massacro fanno oggi parte della classe dirigente del regime. Come Mostafa Poor Mohammadi e Seyed Ebrahim Reisi – due dei cinque membri del cosiddetto ‘Comitato del perdono’ che Khomeini aveva inviato nelle carceri e poi rivelatosi essere un 'Comitato della morte’ responsabile di quel genocidio –, divenuti oggi, rispettivamente, Ministro della Giustizia e Procuratore Generale della Repubblica Islamica.

 

Non c’è solo la pena di morte, secondo i dettami della Sharia iraniana, - ricorda Nessuno tocchi Caino - ci sono anche torture, amputazioni degli arti, fustigazioni e altre punizioni crudeli, disumane e degradanti. Non si tratta di casi isolati e avvengono in aperto contrasto con il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici che l’Iran ha ratificato e queste pratiche vieta. Migliaia di ragazzi subiscono ogni anno frustate per aver bevuto alcolici o aver partecipato a feste con maschi e femmine insieme o per oltraggio al pubblico pudore.

 

Il 18 dicembre 2014, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una Risoluzione che esprime profonda preoccupazione per l’ “allarmante frequenza” dell’uso della pena di morte in Iran, tra cui le esecuzioni pubbliche, le esecuzioni di gruppo segrete e la pratica della pena di morte nei confronti di minori e persone che al momento del reato avevano meno di 18 anni, in violazione degli obblighi della Repubblica Islamica verso la Convenzione sui Diritti del Fanciullo e il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici. Le Nazioni Unite hanno inoltre condannato l’imposizione della pena di morte per reati che non hanno una definizione precisa ed esplicita, tra cui Moharebeh (inimicizia contro Dio), e per reati che non si qualificano come i crimini più gravi, in violazione del diritto internazionale. La Risoluzione ha anche criticato l’uso della tortura e di trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti, tra cui la fustigazione e l’amputazione”.

 

 


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