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16/11/24 ore

Arabia Saudita, capodanno di morte che accresce la tensione con l’Iran



Il bollettino delle condanne a morte nel mondo di solito passa quasi inosservato e diventa oggetto della contabilità quotidiana solo di chi si batte per la moratoria delle esecuzioni capitali, come per esempio l’associazione radicale Nessuno Tocchi Caino. Questa volta però la notizia sui 47 giustiziati con cui l’Arabia Saudita ha inteso inaugurare il 2016, ufficialmente contro Al Qaeda, ha avuto il giusto risalto sui media internazionali: un po’ perché in periodi di vacanza natalizia si va a caccia "disperata" di temi da trattare per riempire i giornali e le scalette scarne dei tg, un po’ perché tra i giustiziati figura l’imam sciita, Al Nimr, accusato di ribellione armata, di disobbedienza alla monarchia e di aver favorito gli interessi di una potenza nemica dell’Arabia Saudita, ovvero l’Iran.

 

Il fatto quindi va ad alimentare le tensioni nel mondo islamico, dove la guerra civile fra sunniti al loro interno e fra sunniti e sciti rischia di precipitare, complicando ancor di più uno scenario dove non si capisce chi è davvero il nemico dell’Isis e chi invece lo utilizza strumentalmente per propri nemmeno tanto reconditi fini, in una lotta di tutti contro tutti.

 

Come raccontano le cronache, Al Nimr, imam della moschea sciita di Qatif a Al Awamiyya, nell’est dell’Arabia Saudita, “era stato fra i promotori delle proteste sciite divampate nel 2011 e protrattesi fino al 2014 nelle regioni orientali del regno a guida sunnita per chiedere la fine dell’emarginazione delle minoranze religiose. Una rivolta in cui furono uccisi diversi poliziotti a colpi d’arma da fuoco o con il lancio di molotov e per la quale sono già stati giustiziati numerosi militati sciiti”.

 

La decisione di decapitare il religioso sciita ha sollevato le proteste in molte parti della penisola arabica tra la minoranza sciita. Dal canto suo l’Iran ha minacciato il principale baluardo dell’ortodossia sunnita nel mondo arabo. L’Arabia Saudita la pagherà a caro prezzo, fanno sapere dalla vicina Persia alla nazione diretta concorrente anche per lo scettro delle violazioni dei diritti umani, pena di morte inclusa.

 

A tal proposito va ricordato che il 2015 è stato un anno record per le condanne a morte eseguite dalle autorità saudite: 157, secondo i dati più attendibili, in sensibile aumento rispetto al 2014, non molto distante dal record di 192 del 1995.

 

 


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