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24/12/24 ore

Presentazione alla Camera il film-denuncia sui campi nomadi Dragan aveva ragione



di Gianni CarbottiCamillo Maffia

 

Giovedì 7 luglio 2016, alle ore 11:00, presso l'Aula dei gruppi parlamentari della Camera dei Deputati in via di Campo Marzio, 78, sarà proiettato il documentario Dragan aveva ragione, realizzato da chi scrive, che racconta gli sgomberi forzati, le violazioni dei diritti umani a Roma e la corruzione nella gestione dei campi nomadi. La storia si concentra su una comunità che fugge nel 2013 dal campo di Castel Romano.

 

Il campo autorizzato aveva la caratteristica di essere abitato da profughi provenienti dalla Bosnia e dalla Serbia, con le immaginabili difficoltà di convivenza. Lo sgombero riguarda 200 rom serbi accampati in via Salviati, insediamento non autorizzato vicino a Tor Sapienza.

 

Copia del documentario fu consegnata da Marco Pannella alla Procura romana come prova di reato, nella sua denuncia al Comune di Roma per discriminazione razziale nei confronti della minoranza Rom. È stato presentato al Parlamento Europeo ed è stato premiato con un riconoscimento speciale nella XX Edizione del Premio Internazionale della Fotografia Cinematografica “Gianni Di Venanzo”. Il film, nonostante i riconoscimenti e il clamore in cui s'inseriscono i fatti narrati, è stato accolto con qualche imbarazzo poiché mostra la questione da un punto di vista inedito.

 

“Il 7 luglio lo presenteremo come spunto per una riflessione sul riconoscimento della minoranza Rom e su come, attraverso la realizzazione dei quattro assi d'intervento individuati dalla Strategia Nazionale Rom, Sinti e Caminanti, ovvero: casa, lavoro, scuola, sanità, si passa da un approccio etnico ad un approccio di politica sociale per l'interazione con il Popolo Rom”, spiega l'on. Giovanna Martelli (SI). “La visione di Dragan aveva ragione ha lo scopo di portare alla luce anche la sistematica elargizione di appalti, volti invariabilmente alla manutenzione e gestione dei campi nomadi, accompagnata dai continui sgomberi, peraltro irrisolutivi, irragionevoli, che non offrono un'opportunità di vita”.

 

Dopo la proiezione ne parleranno con l'on. Martelli e con gli autori: Moni Ovadia, attore e scrittore; Carlo Freccero, componente del Consiglio di Amministrazione RAI; Samir Alija, mediatore interculturale e attivista; Dijana Pavlovic, attrice ed attivista; Santino Spinelli, musicista e scrittore; Marco Brazzoduro, antropologo, presidente di Cittadinanza e Minoranze; Vincenzo Di Nanna, avvocato, segretario di Amnistia, Giustizia e Libertà Abruzzi.

 

Gli esiti dell'attuale inchiesta, da parte della Procura di Roma, nell'ambito di corruzione e tangenti correlate alla gestione dei “campi nomadi”, non sorprende chi da anni denuncia la situazione, non limitandosi però a sottolineare questo o quell'altro interesse in campo, ma proponendo soluzioni concrete, condivise e allineabili tanto alla normativa europea, quanto a quella italiana e alle stesse direttive deliberate dall'Autorità Nazionale Anti-Corruzione (delibera n. 32 del 20 gennaio 2016), la quale prevede criteri di collegialità e trasparenza, tuttora inapplicati a vantaggio dello schema emerso dalle indagini rese pubbliche in questi giorni.

 

La verità è che i romani non dovrebbero spendere quasi nulla per i Rom e tantomeno per mantenere i “campi nomadi”, dichiarati illegali con ordinanza del Tribunale Civile di Roma del 30 maggio 2015 (proc. n. 17035/2012 R.G.A.C.) in quanto manifestamente discriminatori. Come ampiamente denunciato in ogni sede competente, le violazioni dei diritti umani continue ai danni dei cittadini Rom sono funzionali unicamente alla corruzione e a un esborso che prima dell'intervento della Procura superò i 20.000.000 di euro annui.

 

Il costo medio di uno sgombero è di circa 75.000 euro, eppure si opta costantemente per questa soluzione violenta, invasiva e illegittima per risolvere il problema dell'abusivismo quando questo riguarda le comunità Rom che, per qualche ragione, sono esonerate dalle tutele previste dalla normativa sugli sfratti. Perché? Un esempio: nel caso del primo sgombero della giunta Marino, descritto nel film Dragan aveva ragione e quindi nella denuncia sporta da Marco Pannella contro il Comune di Roma per discriminazione razziale il 17 giugno 2015, il Comune, nonostante gli appelli, spese 150.615 € per allontanare la comunità fuggita da Castel Romano, proponendo come unica soluzione il trasferimento nel campo da cui era scappata. L'assenza di quella comunità dal campo comportava, per la coop 29 Giugno gestita da Salvatore Buzzi, una perdita pari a circa 61.418,854 € al mese, stando alle cifre riportate dallo stesso Buzzi in sede processuale.

 

Inoltre, i continui scandali relativi all'assegnazione di alloggi in cambio di favori di varia natura dovrebbero far riflettere, assieme ai guadagni emersi e oramai noti di cooperative e proprietari dei terreni in cui sono allestiti i “campi nomadi”, sulle ragioni che sottendono alla volontà, ormai manifesta, del rifiuto di applicare quella Strategia nazionale d'inclusione per Rom, Sinti e Caminanti prodotta dall'UNAR nel febbraio del 2012 in attuazione della comunicazione della Commissione europea n. 173/2011 e ratificata dall'UE il mese seguente.

 

Applicando quel documento, si sarebbe potuto e tuttora si sarebbe ampiamente in grado di superare i “campi nomadi”: le obiezioni relative ai costi o ai tempi della operazione, ascoltate purtroppo negli anni, non possono trovare giustificazione se non nell'interesse e nella cattiva fede, poiché l'ampio quadro di finanziamento europeo previsto per l'implementazione di tali impegni presi dal nostro paese consentirebbe semmai un enorme, rapido e necessario sgravo per le casse comunali.

 

Perché dunque non si applica? Perché i criteri di collegialità e trasparenza previsti dal documento non consentirebbero in alcun modo di mantenere inalterato lo stato delle cose. Nei quattro anni trascorsi dall'approvazione si sono uditi progetti di ogni sorta, i cui obiettivi erano sempre riconducibili all'esigenza di eludere le procedure e rinunciare ai fondi europei per mantenere inalterato il flusso di danaro comunale. Questo ha creato un circuito criminale e criminogeno tale da rendere ogni giorno più urgente la seria applicazione della Strategia.

 

Per farlo, sarebbe necessario rispettare gli schemi di governance e convocare un Tavolo d'inclusione che rispetti le componenti istituzionali previste; in questi anni, nonostante le continue richieste e denunce, nessuna amministrazione ha voluto farlo. Non c'è quindi ragione di meravigliarsi se si sente parlare di tangenti in un “ufficio Rom” che assolutamente non dovrebbe esistere, perché non rientra in alcun modo né nel merito né nel metodo del documento suddetto. Fin quando sopravvivranno le attuali categorie di segregazione (i campi per soli Rom, gli uffici per soli Rom, gli sgomberi per soli Rom, le associazioni per soli Rom, gli stessi servizi per soli Rom) e si tenterà di aggirare le procedure, purtroppo le conseguenze non potranno essere diverse da quelle a cui assistiamo.

 

Il 7 luglio, grazie all'impegno dell'on. Giovanna Martelli e alla disponibilità dei relatori, sarà possibile approfondire questi elementi, guardando al recente scandalo di corruzione per quello che è, ovvero un disegno di illeciti relativo a luoghi che non dovrebbero esistere, essendone già state identificate le criticità in sede nazionale e internazionale assieme alle soluzioni e ai mezzi per raggiungere gli obiettivi già quattro anni or sono.

 

Le attuali intercettazioni dimostrano, a giudizio degli autori, la ragione per cui le amministrazioni, in totale continuità politica, si sono rifiutate di adempiere agli impegni presi dal governo nel 2012, e il motivo alla base della resistenza incontrata nel diffondere sia Dragan aveva ragione che la denuncia di Marco Pannella, oltre che nel portare avanti una riflessione sulla tematica stessa, che è stato possibile comunque proporre continuativamente in questi anni – ma è appena il caso di ricordarlo al lettore – grazie innanzitutto allo spazio concesso da questa testata, dove la linea editoriale non è spartiacque che si frappone tra la pubblicazione e la censura del “fatto”, bensì lente d'ingrandimento e modello interpretativo in cui questo viene letto e inserito nell'analisi sulla crisi dello Stato di diritto e dei mutamenti sociopolitici che segnano l'evoluzione degli eventi dentro e fuori dal nostro paese.

  

 


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