Se il compito della politica è prevedere, analizzare, scegliere, governare democraticamente i processi e i conflitti, la lezione che ci viene dalla vicenda del rapporto della Commissione presieduta da sir John Chilcot, l’inchiesta britannica parlamentare sulla guerra in Iraq, è illuminante. Era stato Gordon Brown a istituire la Commissione nel 2009, con lo scopo – come riporta il Corriere della Sera - di far chiarezza sulle circostanze che portarono il governo di Tony Blair a entrare in guerra assieme agli Stati Uniti contro Saddam Hussein, conflitto che ha causato la morte di 179 soldati britannici e 4.500 americani. Durante i lavori della commissione sono stati analizzati oltre 150.000 documenti e sono stati sentiti più di 150 testimoni, tra cui l’ex premier Tony Blair.
“Tony Blair presentò prove sul fatto che Saddam avesse armi di distruzione di massa con una certezza che non era giustificata”, questo recita il documento che ha scandagliato tutti gli atti che determinarono la decisione presa dal governo di Londra prima e durante la guerra.
Cosa dice ancora il rapporto: “l’azione militare contro Saddam Hussein non era l’ultima opzione … Gli Usa e la Gran Bretagna minarono l’autorità dell’Onu … il conflitto è stato basato su dati di intelligence ‘imperfetti’ e portato avanti con una progettazione ‘totalmente inadeguata’”.
Ma non solo. Secondo il rapporto – scrive ancora il Corriere - “ … Nel marzo 2003 non c’era una minaccia imminente di Saddam Hussein” contro l’Occidente e quindi, secondo il rapporto, si poteva usare una “strategia di contenimento” sebbene non si potesse escludere la necessità di un conflitto ‘ad un certo punto’.
Dunque l’invasione dell’Iraq fu fatta in maniera precipitosa e non furono cercate soluzioni alternative (che pure c’erano … n.d.r.), … il Regno Unito avrebbe potuto essere - e dovuto essere - più preparato per gli accadimenti che seguirono … (in Iraq morirono 179 soldati britannici). “ … ll Regno Unito partecipò all’invasione in Iraq prima che le opzioni pacifiche per il disarmo fossero tutte esplorate. L’opzione militare in quel momento non era ‘ultima risorsa’ ”. Dunque una invasione fatta senza preparazione, senza strategia e senza prospettive, che non realizzò nessuno degli obiettivi dichiarati (e anzi preparò la strada a molte drammatiche situazione di cui scontiamo oggi le conseguenze).
Al centro congressi Queen Elizabet II,a Westminster, dopo molti anni, si è aperta la strada ad una verità che pure qualcuno aveva descritto proprio mentre i fatti accadevano. Chi fece l’invasione sapeva che l’azione militare avrebbe amplificato i rischi del terrorismo e che così impostata la vicenda si sarebbe trasformata in una vera e propria azione di rifornimento di mezzi e armi ai gruppi terroristici stessi…
Ma non era stato proprio Marco Pannella, mentre i fatti accadevano, a evidenziare tutto ciò e a cercare di produrre una azione politica in grado di essere quella alternativa capace di realizzare l’obiettivo di eliminare il satrapo Saddam e scongiurare le disastrose conseguenze oggi visibilmente sotto i nostri occhi.
“Dove c'è strage di legalità c'è strage di popoli” – diceva il leader del Partito Radicale. Ovviamente tutto il sistema informativo radiotelevisivo e della carta stampata si è guardato di ricordare che proprio nel momento in cui i fatti accadevano vi era l’iniziativa “Iraq Libero” che cercava, con il consenso di centinaia di deputati e senatori dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo, di ottenere che quella scelleratezza fosse evitata e cercava di realizzare l’unica alternativa possibile.
“Con la pubblicazione, dopo 7 anni dal suo insediamento, delle conclusioni della commissione d'inchiesta presieduta da Sir John Chilcot – scrive in una nota Matteo Angioli – del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, che ha seguito in tutti i suoi aspetti l’iniziativa politica di Pannella su questo fronte - sul coinvolgimento britannico nella guerra in Iraq, la giornata di oggi potrebbe rivelarsi storica non soltanto per un Paese, il Regno Unito, ma per chiunque creda nella democrazia, nello Stato di diritto e per coloro che lottano perché sempre più vivano il diritto e l'universalità dei diritti umani.
La desecretazione di documenti governativi sensibili, fortemente voluta e faticosamente ottenuta dalla commissione Chilcot e inseriti nel Rapporto, è senza precedenti e costituisce un primo, significativo risultato su cui costruire più democrazia, più diritto, più responsabilità e quindi più libertà.
Il dibattito già in corso alla Camera dei Comuni, che proseguirà per altri due giorni interi, sta fornendo elementi di riflessione interessanti su come evitare errori simili in futuro e ristabilire il principio di accountability. Da tempo il Partito Radicale si batte per l'affermazione del diritto alla conoscenza a partire dalla sede delle Nazioni Unite, promuovendo strumenti di cui i governi e i cittadini dovrebbero dotarsi per scongiurare abusi istituzionali forieri di violenze di ogni tipo, perché - come ammoniva Marco Pannella - dove c'è strage di legalità e diritto c'è strage di popoli.
Lo dimostra il disastro iracheno, con le gravi ripercussioni nella regione, in Siria in particolare. Chilcot non ha accusato nessuno di aver deliberatamente ingannato istituzioni o individui, né ha stabilito se la guerra fosse legale o meno. Non era questo il suo compito. Il suo compito era "trarre lezioni" per il futuro. Per giungere a valutazioni più compiute occorre una lettura approfondita del Rapporto. Tuttavia, il verdetto politico per i principali attori politici dell'epoca è piuttosto duro e qualora emergesse un comportamento illegale da parte delle massime cariche dello Stato, a cominciare da Tony Blair, i responsabili dovrebbero risponderne nelle sedi appropriate”.
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