Il difficile rapporto della Turchia di Erdogan con i diritti e le libertà sono noti. Dal fallito golpe in poi, la situazione si è via via deteriorata e i giornalisti sono diventati tra i bersagli preferiti per colpire il dissenso al regime con arresti e accuse spesso arbitrari e senza prove.
Il 20 marzo è arrivato anche sigillo della Corte europea dei diritti umani, che con una una sentenza ha condannato le violazioni dei diritti alla libertà, alla sicurezza e alla libertà d’espressione dei due giornalisti turchi Mehmet Altan e Şahin Alpay. Si tratta della primo pronuniciame in tal senso che, secondo l'organizzazione Amnesty international, non fa che confermare “quanto già era chiaro, ossia che oltre 100 giornalisti sono finiti in carcere solo a causa del loro lavoro”.
Ma la guerra di Erdogan ai media nemici si gioca anche su altri piani, per risolvere - per così dire - il problema alla radice. La notizia di queste ore dà per fatto l'acquisto da parte della società turca Demiroren Holding, considerata molto vicina al presidente turco, del gruppo media della Dogan Holding, proprietario fra gli altri del quotidiano Hurriyet e dell’emittente CNN Turk , tra i pochi considerati ancora indipendenti. Il costo dell’operazione, confermato in un comunicato il gruppo editoriale Dogan, si aggira attorno agli 890 milioni di dollari. Il costo per la libertà è invece inestimabile. (red.)
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