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23/11/24 ore

Dl Cultura, un futuro dal passato



Diceva lo storico Pasquale Villari che il vero nemico dell’Italia del suo tempo era, più che l’ostilissima Austria, una certa “colossale ignoranza”. Altri tempi. Dall’alfabetizzazione delle masse al piccolo medioevo della cultura, giustificato da quella crisi nera che sembra non trovare risorse, perché, senza troppe ipocrisie, ammettiamo una buona volta che “si vive di solo pane”.

 

Delle ultime settimane, però, giunge “un segnale che lascia sperare bene” per un cambiamento alle politiche culturali del nostro Paese” , come ha detto il Ministro dei beni culturali e del turismo Bray, dopo l’approvazione definitiva con 323 voti favorevoli del dl Cultura.

 

Il provvedimento che “punta su cultura e turismo, riconoscendo in esse due leve fondamentali per lo sviluppo del paese” interviene per il rilancio del cinema, delle attività musicali e dello spettacolo dal vivo, oltre che a favore della valorizzazione di luoghi e beni culturali, con particolare attenzione al “Grande Progetto Pompei” per il rilancio economico e sociale e la riqualificazione ambientale e urbanistica dei comuni facenti parte del sito Unesco “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano, Torre Annunziata”.

 

Una scelta coraggiosa quella di rilanciare il passato remoto della nostra cultura che, a giudicare dagli ultimi dati sulle iscrizioni scolastiche 2013, attrae sempre meno studenti: solo 6 ragazzi su 100 hanno scelto il Liceo Classico, grande affluenza invece per Licei Linguistici e Istituti tecnici.

 

Torna in auge lo stereotipo del sapere utile, di una scuola che deve somministrare strumenti, come pillole, senza l’obbligo di insegnare ad usarli. Sul fronte del M.I.U.R, infatti, “l’istruzione riparte” con un omonimo pacchetto di misure approvate dal Consiglio dei Ministri in coincidenza con l’apertura dell’anno scolastico 2013-2014.

 

Colpiscono quei 15 milioni di euro subito spendibili per la connettività wireless, che sono in perfetta continuità con la “dematerializzazione” delle documentazioni cartacee già avviata nel 2012: un rinnovamento formale, non strutturale.

 

Maria Chiara Carrozza, Ministro dell’istruzione, spiega il calo degli iscritti al Liceo Classico con l’alto costo dell’istruzione che spinge i genitori a “indirizzare i figli verso percorsi che vedono più certi per il lavoro”.

 

Questa, però, è solo una delle spiegazioni del fenomeno, che alimenta ancor di più la stridente contraddizione di un paese che investe sui ruderi del passato ma non sulla trasmissione dell’eredità culturale.

 

E’ forse, dunque, anacronistico lo studio di virtù e limiti del modello democratico ateniese o della Roma repubblicana da parte dello studente, futuro cittadino elettore, quando è più che mai attuale il dibattito sul “deficit democratico” e sulla “crisi della rappresentatività” del sistema democratico dell’Europa continentale?

 

Ludovica Passeri


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