Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

23/11/24 ore

I rischi di una svolta autoritaria


  • Luigi O. Rintallo

Se inanelliamo fatti, circostanze e interventi di quest'ultima settimana politica, è possibile ricavare una conclusione che porta inevitabilmente alla considerazione che è in atto un processo teso a pregiudicare in via definitiva la tenuta democratica del Paese. Da Palermo, la corte chiamata a giudicare sulla ipotetica trattativa Stato-mafia ammette la richiesta della Procura di chiamare a testimoniare il Capo dello Stato.

 

“Fatto inusuale”, si limita a dire il ministro della Giustizia; ma – a ben guardare – è qualcosa di più: sull’argomento oggetto del giudizio si è già espressa un’altra sentenza (quella del processo al gen. Mori) che ha di fatto smontato gran parte dell’inchiesta, per cui la convocazione di Napolitano è peggio di una provocazione e assume i contorni di un atto apertamente intimidatorio.

 

Sui giornali dell’establishment si moltiplicano gli articoli che ritengono il tentativo delle “larghe intese” sostanzialmente fallito. Commentatori e analisti non evidenziano tuttavia l’alternativa e si comprende benissimo che immaginano percorsi che prescindono dal passaggio elettorale.

 

A sua volta, un imprenditore come De Benedetti – tessera n.1 del Pd – svolge una intemerata di stampo moralistico, che sembra più un attacco di sfondamento dove si tenta il tutto per tutto alla ricerca di quelle condizioni (da più parti ritenute ormai impossibili) per continuare a garantirsi le opportunità di cui fin qui ha potuto giovarsi.

 

Da un altro versante, monta la contestazione degli obblighi imposti dall’Europa a trazione tedesca: svariati gli articoli che denunciano la prevaricazione della Germania nei nostri confronti, sostenendo che in tal modo Berlino intende far pagare ai partner europei i buchi del suo sistema bancario. Un modo, anche questo, per contestare la politica sostenuta oggi dal Quirinale.

 

L’ex premier Monti porta, a sua volta, il suo contributo al sabotaggio dell’attuale governo dichiarando che Letta sarebbe succube del Pdl. Come possa sostenerlo è un mistero, dal momento che tutto si può dire del governo Letta, tranne che abbia accolto le richieste berlusconiane di un drastico abbassamento delle tasse. Perché lo faccia è meno misterioso, qualora si osservi che in realtà il tutto si riduce alla pretesa cancellazione dell’IMU: per Monti conta prima di tutto la difesa testarda del suo operato, anche quando palesemente indifendibile.

 

Tutto ciò muove in una sola direzione: quella della richiesta di una sorta di “commissariamento” che possa prescindere tanto dal Parlamento, quanto dalla volontà degli elettori. La natura di questo commissariamento è ancora da definirsi, ma che di questo si tratti restano pochi dubbi. Ancora una volta, la classe dirigente sceglie – come in altre occasioni storiche – una via di uscita che mira a preservare se stessa a spese del resto della nazione.

 

Occorre interrogarsi se vi siano, stavolta, gli spazi per portare a termine un disegno del genere senza imboccare una via apertamente autoritaria. Altre volte è stato possibile, oggi appare sempre più difficile.

 

 


Aggiungi commento