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26/12/24 ore

Francesco in USA


  • Silvio Pergameno

Sul viaggio di Francesco negli Stati Uniti la grande stampa ha versato fiumi di inchiostro, ma non sembra che sia stata debitamente rilevata una distinzione che invece è di grande importanza, non al fine di attizzare scontri polemici con il primo Papa che sta mettendo in atto decise innovazioni nella Chiesa  (dimensione temporalistica, rapporto  con la moderna democrazia), ma proprio per comprendere la traiettoria dell’azione di Bergoglio, il gesuita francescano.

 

Di questo Pontefice abbiamo sottolineato la natura veramente incisiva dell’opera in atto, ma abbiamo anche espresso dubbi sul fatto se si possa considerare di ispirazione liberale l’azione intrapresa (ovviamente senza la pretesa di volergli fornire suggerimenti), una valutazione che forse può  essere oggi un po’ problematizzata.

 

Francesco si è trovato davanti a un compito molto difficile sulle sponde americane dell’Atlantico del nord, dove poi oggi la presidenza Obama segue una linea di politica interna guidata dall’ampliamento della sfera dei diritti civili, una politica che entra in contrasto con la morale cattolica su temi di grande rilevanza e dove i cattolici stanno combattendo una battaglia ancorata, come non si è mancato di evidenziare su questa Agenzia,  a un approccio nei paesi latini poco comprensibile, richiamandosi cioè proprio ai principi della costituzione del loro paese, cioè, specificamente, alla libertà di espressione.

 

Papa Bergoglio, in difesa della Chiesa statunitense, ha seguito questa linea? Non lo si può dire perché, accanto  al richiamo all’uso degli spazi pubblici, ambito rilevante proprio per l’esercizio di questa  libertà, ma materia a dir poco sospetta per noi italiani e ancor più per i francesi ha però anche fatto riferimento al principio liberale dell’obiezione di coscienza, che ha definito un diritto umano; ha cioè – con la sua aria bonaria e simpatica - messo sotto tiro i limiti del potere dello stato in nome di un diritto che non sta scritto in nessuna legge e che trova invece fondamento nella contestazione a ogni forma di arbitrio da parte degli stati.

 

I diritti umani, di cui oggi molto si parla, nel pensiero del Pontefice non sono forse quei diritti naturali (divini) cui il pensiero cattolico (e il giusnaturalismo in genere) si richiama nella polemica contro le (vere o supposte) aggressioni dello stato in danno della Chiesa, ivi comprese le forme, storicamente variegate, proprio di quel potere temporale che oggi è sotto il tiro delle schioppettate di Francesco?

 

L’obiezione di coscienza non potrà mai essere riconosciuta come un diritto nell’ordinamento di un qualsiasi stato, perché si risolverebbe in una contraddizione in termini, ma essa ha la forza di una profonda legittimità morale proprio, e soltanto, in nome della coscienza, non quando stravolta a copertura di discutibili interessi particolari, ma quando pronta ad affrontare tutte le conseguenze: e in questo senso veramente rivoluzionaria (e nonviolenta). Forse non è un caso che Francesco abbia cordialmente ricevuto Pannella in Vaticano …

 

La polemica di Francesco quindi può trovare degno avversario non tanto negli Stati Uniti dove la tradizione liberale ha trovato espressione in uno stato non solo federale, ma attento a garantire gli spazi agli individui e alle comunità in cui si articola la società civile (quelle religiose in primis), ma semmai in Francia, dove la stessa tradizione è stata inficiata dalla spinta giacobina che interpreta il laicismo come macchina dello stato per imporre divieti, che sfiorano poi perfino il ridicolo quando si esercitano sul velo islamico o sulle ragazze che portano al collo una catenina con appesa una piccola croce.

 

Cerchiamo di essere provocatori: se papa Francesco volesse non dico parlare al Parlamento di Parigi ma recarsi nella sede di uno qualsiasi dei municipi francesi, lo farebbero entrare vestito da papa?

 

 


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