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27/12/24 ore

Intercettazioni, l’abbaglio sul bavaglio


  • Silvio Pergameno

Pochi giorni fa la Camera ha approvato il testo della legge delega per il processo penale, (che ora deve passare al Senato), un testo nel quale spicca un buco estremamente vistoso, proprio nella delicatissima materiadelle intercettazioni: ci si è infatti dimenticati proprio delle norma fondamentale in materia, cioè dell’art. 15 della Costituzione, in quanto il problema è stato visto soltanto sotto il profilo dei limiti alla pubblicabilità del contenuto di intercettazioni eseguite nel corso di istruttorie penali, ma riferentesi a soggetti estranei alle stesse, dei quali risulterebbe violato il diritto alla privacy.

 

Tuttavia è ben chiaro che il problema di fondo in materia è un altro, in quanto il ricordato art.15 della Carta garantisce l’inviolabilità della libertà e della segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, problema ovviamente preliminare; la disposizione costituzionale aggiunge poi che la limitazione di tale inviolabilità può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.

 

Questa disposizione stabilisce cioè che in materia di corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazioneil trattamento dei dati riguardanti le persone è affidato, per l’estrema delicatezza della materia, esclusivamente all’autorità giudiziaria, dove poi cosa debba intendersi per trattamento è stabilito in maniera molto dettagliata dalla legge 30 giugno 2003, n. 196 – Codice in materia di protezione dei dati personali (art.4, lettera a), che precisa che per trattamento si intende: qualunque operazione o complesso di operazioni effettuati anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione,la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estinzione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distribuzione di dati, anche se non registrati in una banca dati. Fin troppo preciso.

 

Ma cosa deve intendersi per “dati”? Ci pensa sempre l’art.4 della legge sulla protezione dei dati personali (lettere da b) a e), che distingue i dati in: personali, identificativi, sensibili e giudiziari, e, per quanto interessa in questa sede: qualunque informazione relativa a persona fisica.

 

Ma come può agire l’autorità giudiziaria? A questo provvede l’art. 266 del Codice di procedura penale, che dispone che il Pubblico ministero deve chiedere l’autorizzazione al giudice, che può conferirla quando, in relazione a una serie di delitti di particolare gravità vi siano gravi indizi di reato e l’intercettazione sia assolutamente indispensabile ai fini dell’indagine. L’intercettazione altrimenti è illecita, non può essere utilizzata come prova e deve essere distrutta).

 

Sembra un fortilizio inespugnabile; ma non si spiega come mai allora la questione delle intercettazioni sia stata trattata soltanto per quanto concerne la pubblicazione di contenuti di intercettazioni palesemente illegittime e che dovevano essere distrutte, una questione che si profila solo come atto terminale di tutto un percorso che non può non apparire difettoso.

 

Il disegno originario della legge approvata dalla Camera introduceva, per lo meno, un’udienza specifica per la selezione del cosiddetto “materiale intercettativo”, con regolare dibattimento tra le parti – l’accusa e la difesa – per stabilire cioè quali parti delle intercettazioni appartenevano strettamente al processo, e quindi erano pubblicabili, e quali no (e quindi dovevano essere distrutte). Non era certamente un modo per affrontare il problema alla radice, ma purtroppo anche questa udienza è stata eliminata e sostituita con un generico passaggio procedimentale per la selezione del detto materiale, nel rispetto del contraddittorio fra le parti e fatte salve le esigenze delle indagini.

 

Nel dibattito alla Camera si sono scontrati i sostenitori di un equo contemperamento fra le esigenze delle indagini e il diritto di cronaca e quanti denunciavano il bavaglio messo alla stampa, senza che il poveraccio che rischia lo sputtanamento sia stato considerato degno sia pur solo di menzione. E da parte dei magistrati sono giunte, comunque, vibrate proteste. Riformare non è facile.

 

 


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