Calogero Mannino – un dc e post dc a tutto tondo, più volte ministro ai bei tempi della prima repubblica - è stato assolto dalla Corte di assise di Palermo e può essere considerato un campione in materia, in quanto le sue traversie giudiziarie iniziarono circa venticinque anni fa, sempre sul terreno della collusione con la mafia e, alla fine, ha sempre avuto ragione lui.
Nel 1991 una prima inchiesta a suo carico (per contatti con “uomini d’onore”) si concluse con l’archiviazione; un secondo processo - con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa - iniziò nel 1995 ed ebbe vita lunga, perché si concluse soltanto nel 2010, con una sentenza della Cassazione, dopo un lungo andirivieni tra i vari gradi di giustizia. Si erano alternate una prima assoluzione (perché il fatto non sussiste), cui seguì appello del pm, questa volta vincitore perché ci fu una condanna a cinque anni e quattro mesi di reclusione (essendosi, ovviamente, riconosciuto che il fatto sussisteva), ma poi la Cassazione, adita dall’interessato, annullò la condanna per difetto di motivazione e il giudice del rinvio concluse per l’assoluzione (per insussitenza del fatto), con reiezione definitiva da parte della Cassazione del ricorso presentato ancora una volta dal pm.
Nel terzo processo a suo carico Mannino è stato coinvolto nella famosa trattativa tra stato e mafia con un’accusa specifica, quella di violazione o minaccia verso corpo politico dello Stato, ed è stato assolto, anche questa volta, per non aver commesso il fatto. Non si sa se la Procura proporrà appello.
Una vicenda che ha dell’incredibile, quella di Calogero Mannino, in particolare con riferimento al secondo processo da lui subito, nel corso del quale la sussitenza del “fatto” è stata prima negata, poi ritenuta esistente, poi messa in dubbio dalla Cassazione, che – investita dell’esame in diritto della sentenza di condanna – ha ritenuto che la motivazione fosse carente, e infine di nuovo negata – definitivamente - dal giudice del rinvio. Boh?! Vacci a capire qualche cosa.
Di tutta evidenza, la situazione è grave, perché la materia penale coinvolge direttamente la libertà personale dei cittadini e quindi le fattispecie dei reati debbono essere definiti da leggi scritte in maniera che sia possibile che ogni cittadino sappia “preventivamente”, nel corso della vita quotidiana, come deve comportarsi, in particolare quando si tratti di persona rivestita dell’esercizio di pubbliche funzioni.
La certezza del diritto deve essere assicurata. Si deve poi sempre riflettere sulla circostanza che le fattispecie dei reati fanno spesso riferimento a comportamenti che non sono definiti dalle norme, ma necessariamente si avvalgono di valutazioni di ordine sociale, per loro natura soggette a variazioni anche molto sensibili.
Altra considerazione. Nelle polemiche sul terreno della crisi della giustizia grande importanza assumono, ovviamente, le assoluzioni; in particolare se conesse si concludono molti processi. Solo che sembra non si dia alcun peso al fatto che le assoluzioni, come le condanne, non cadono dal cielo. Come le condanne sono pronunciate da collegi giudicanti, al termine di un percorso articolato. Se certe condanne, e, ancor prima certe attività inquisitorie, certe richieste di rinvio a giudizio vengono anche severamente criticate, allora certe assoluzioni dovrebbero, per converso, formare oggetto di solenni encomi. Traendone le dovute conseguenze, che cioè è sbagliato esprimere giudizi sommari, generalizzati su un’istituzione e, riflettendo, invece, sulle strade da seguire per assicurare un migliore andamento della giustizia nel suo complesso.
é uscito il N° 118 di Quaderni Radicali "EUROPA punto e a capo" Anno 47° Speciale Maggio 2024 |
è uscito il libro di Giuseppe Rippa con Luigi O. Rintallo "Napoli dove vai" |
è uscito il nuovo libro di Giuseppe Rippa con Luigi O. Rintallo "l'altro Radicale disponibile |