Nel commentare i giudizi di Fiorella Mannoia sugli ultimi attentati, Aldo Grasso sul «Corriere della Sera» sintetizza: “pochi dubbi, molte certezze”. In effetti le posizioni della cantante, che scarica sull’Occidente le “colpe” del terrorismo in atto, possono a buon diritto rientrare nella categoria di quel “qualunquismo di sinistra” che costituisce la principale zavorra del ritardo culturale e politico di un ampio arco della compagine cosiddetta “progressista”.
Già la vacua contrapposizione tra i morti di Parigi e le vittime dei bombardamenti aerei in Medioriente, è un segnale dell’assoluta fragilità del suo impianto ideale, perché nessun popolo può dirsi estraneo alle violenze e tutti hanno da lamentare massacri di innocenti. Ma ancor più significativo è il fatto che l’anti-occidentalismo non fa altro che offrire una sponda al fanatismo, indebolendo la resistenza interna al mondo musulmano contro le derive estremiste.
Se davvero crediamo che non c’è alcuna ineluttabilità nel rifiuto della democrazia e della libertà all’interno dell’Islam, è insensato presentare l’Occidente come la sentina di tutti i mali al pari di quanto troviamo espresso nei comunicati dei fautori della Jihad. Ma questo si deve alla mancata soluzione della “questione liberale” all’interno della sinistra italiana e non si spiega solo con la voglia di distinguersi di questo o quel protagonista della scena mediatica.
È un substrato culturale che stenta a essere rimosso e che porta la responsabilità di non aver mai coltivato la coscienza dei valori della persona, contribuendo fra l’altro alla diffusione strisciante dell’anti-semitismo in Europa.
Mascherata da “senso critico”, è questa un’interpretazione della realtà che ha conseguenze devastanti, dal momento che pretende di dare patenti di eticità ed evita accuratamente ogni approccio pragmatico, che muova dal paziente esame dei processi storico-politici in atto per soddisfare piuttosto la propria visione manichea.
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